Proviamo a osservare, pensare e giudicare quello che sta accadendo.
La crisi è frutto del capitalismo. Non di un capitalismo "malato". Il capitalismo è già di per sé malato. La malattia sta nel fatto che, nel migliore dei casi, esso trascura l'uomo nella sua dimensione complessiva, fatta di coraggio, umanità e gratuità (non parliamo poi del capitalismo delle banche! Quelle che ti chiedono garanzie dieci volte più alte del liquido che ti concedono! Dieci? Spesso anche di più, ma silenziosamente, cripticamente, nell'accettazione di chi dice: se li vuoi, queste sono le condizioni, e poi garantire non significa che le garanzie verranno necessariamente usate... Tutto si consuma spesso in questo ragionamento circolare che ha poco o nulla di ragionevole).
Il guaio non sta nel profitto, ma nel profitto fine a se stesso e nella remunerazione smisurata dell'uso della moneta (oltre che nel fatto che si crede che l'economia sia la moneta, mentre l'economia è fare, e il mercato è solo un parte del processo e non il tribunale senz'appello di tutto e tutti).
Se non viene adoperato per il bene comune (nelle forme più diverse ed originali), il denaro ha come una vita propria che in sé non avrebbe, e fatalmente ammalora a fa marcire tutto ciò che tocca e che lo trattiene.
Il secolare anatema della Chiesa contro l'usura trova la sua ragione in questo.
Usura, cioè consumare come l'acqua ferma qualsiasi cosa, anche la vita umana.
Perché non riprendiamo a pensare a questo in termini concreti? Guardate, anche il calcio è un esempio di quest'usura, se volete. Pensate alla sproporzione tra ciò che i campioni internazionali ricevono per alcune sgambate in campo e le sgambate stesse.
Non è solo quantità, è anche il fine che non è giusto.
Inviato dal dispositivo wireless BlackBerry®
venerdì 26 dicembre 2008
mercoledì 24 dicembre 2008
domenica 21 dicembre 2008
Un programma di vita. Il mio.
«La misura di ogni felicità è la riconoscenza. Tutte le mie convinzioni sono rappresentate da un indovinello che mi colpì fin da bambino. L'indovinello dice: "Che disse il primo ranocchio?" La risposta è questa: "Signore come mi fai saltare bene". In succinto c'è tutto quello che sto dicendo io. Dio fa saltare il ranocchio e il ranocchio è contento di saltellare».
G. K. Chesterton, Ortodossia
martedì 9 dicembre 2008
mercoledì 3 dicembre 2008
Colletta Alimentare - Ancora una volta evviva la Formichina!
Andate a vedere gli altri blog:
http://icapitanicoraggiosi.blogspot.com
http://piergiorgiofrassati.blogspot.com
http://nellonostro.blogspot.com
troverete nuove foto sulla Colletta e tanto altro!
Sempre evviva la Formichina!
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Sempre evviva la Formichina!
lunedì 1 dicembre 2008
Colletta Alimentare - I risultati non si piegano a crisi e maltempo! Evviva la Formichina!
01/12/2008 - 6.04 I risultati della XII giornata nazionale della Colletta alimentare non si piegano a crisi e maltempo: quasi 9 mila tonnellate di cibo raccolto, addirittura più dell'anno scorso. Ma tanto quanto i risultati stupiscono le storie, i volti e le persone che li rendono possibili.
venerdì 28 novembre 2008
"La carità cambia la vita" - Torna la Colletta Alimentare, giunta alla dodicesima edizione.
Come sempre organizzata dalla Fondazione Banco Alimentare Onlus e CDO Impresa Sociale, con la collaborazione dei Volontari Vincenziani, l'Associazione Nazionale Alpini e tanti tanti volontari e buona gente, l’iniziativa si svolge ogni anno, l’ultimo sabato di novembre.
Pochi giorni fa l’ISTAT ha rilevato il forte aumento della povertà in Italia che ora tocca il 12,8% della popolazione. Così il Banco Alimentare rinnova l’invito, per sabato 29 novembre, ad un gesto di carità e alla condivisione del bisogni.
Sarà infatti possibile consegnare in oltre 7600 supermercati parte della propria spesa da devolvere in beneficenza ai centomila volontari che impegnati in tutta Italia. Tutti gli alimenti raccolti saranno distribuiti a 8500 enti convenzionati con il Banco Alimentare. per lo più mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà o centri d’accoglienza.
Troverete sul sito della Fondazione Banco Alimentare (cliccate qui) l'elenco di tutti i supermercati aderenti.
Comunque, andando in giro, se vedrete delle persone con una pettorina gialla su cui campeggia una formichina affaccendata a portare la spesa (come quella qui sopra!), bene, lì fanno la Colletta Alimentare! Fermatevi e fate qualcosa!
Io invito caldamente tutti i miei amici a collaborare fattivamente alla Colletta, aiutando, comprando e versando offerte alla Fondazione!
Io ci sarò!
Evviva la Formichina!
sabato 22 novembre 2008
Abbiate pazienza, ma Benito Urgu, soprattutto in questa versione, è un mito...
Qui trovate una parte del testo in sardo e a fianco la traduzione in italiano.
GRANDE!!!
Ricordo a tutti che il sardo non è un dialetto ma una lingua con una sua grammatica e due versioni dialettali, il campidanese (parlato vicino Cagliari) e il logudorese (parlato originariamente ad Olbia, ma oggi anche in altre parti della Sardegna).
Lassa se beche (lascia le pecore)
pica su caddu (prendi il cavallo)
curre curre a ti cambiare (corri corri a cambiarti)
pro su twist tu ballare (per ballare il twist)
bogarì su gambale (togliti il gambale)
ah ah ah ah aha
pro ballare su twist (per ballare il twist)
___________
Aggiornamento del 15 Dicembre 2022.
Premesso che questo è il post più visitato di questo blog, ecco un piccolo aggiornamento.
Anni fa un lettore simpatico fece le seguenti utili precisazioni che ho pensato solo oggi di riportare, ma che comunque sono nei commenti:
Vorrei fare due precisazioni: la prima frase corretta è "Lassa s'erveche", e "bogarì" è in cagliaritano, in campidanese invece si dice "bogadì", così come dice Benito nella canzone. Comunque complimenti per il post! :)
giovedì 13 novembre 2008
ELUANA ENGLARO - SIGNORI GIUDICI, PENSATECI! AVREMO LA PRIMA CONDANNA A MORTE REPUBBLICANA?
Il bellissimo editoriale di ieri di Avvenire firmato da Davide Rondoni.
Ai Signori Giudici chiediamo solo una cosa: non dateci una condanna a morte. La prima condanna a morte dell’Italia repubblicana. Un genere di condanna che l’Italia ripudia – vantandosene dinanzi al mondo – e che mai nessun motivo di rivalsa, di odio, di giustizialismo ha in trodotto sarà invece inaugurata in nome di una malintesa idea di pietà? È quasi sempre in nome del bene che gli uomini compiono qualcosa di oscuramente cattivo. Se la Corte darà il via libera alla volontà del padre di staccare l’alimentazione per Eluana e se egli troverà qualche centro medico disposto a farlo, avrà luogo l’esecuzione e l’inizio della pubblica estenuante agonia.
Ai Signori della Corte chiediamo di considerare tutto questo: a una ragazza inerme, che non può né esprimere né difendere le sue reali, attuali volontà, si cesserà di dare alimento. A una ragazza, avvolta sì in un silenzio misterioso, ma non arida dentro, tanto da affrontare un’estenuante emorragia come le è capitato alcune settimane fa, si vorrebbe ora dare quella morte da cui ella con le sue sole forze si è invece tirata fuori. E questo perché qualcuno - a differenza di altri - non sop porta più questa dura, triste condizione. Il padre in coscienza ha voluto combattere questa strana battaglia perché sua figlia muoia. Non ce la faceva più. È comprensibile. Meno comprensibile l’accanirsi non perché le cure e la pazienza di altri sopportino la pena e le premure, bensì per la sua morte. Per toglierla di torno. Anche se non dà nessun fastidio, e già ci sono le voci di chi, come le suore che l’accudiscono, dice: la teniamo noi. Il problema, ora che i magistrati hanno scelto di occuparsi di questa faccenda, non è più, per così dire una drammatica faccenda privata tra il signor Englaro e sua figlia. È una faccenda di diritto. E il diritto italiano non contempla la condanna a morte. Per nessuno. Neppure per chi compie la strage o lo stupro più efferato. Vo gliamo cominciare da una ragazza?
Il dilemma ora è: uno può chiedere e ottenere che un altro muoia? A meno che non si consideri Eluana già morta. Pensate a lei così, Signori della Corte? La medicina, secondo i protocolli internazionali, non classifica Eluana tra i morti. E nemmeno tra coloro che sono tenuti in vita con inutile accanimento. Voi la condannerete a morte? O la considererete come già morta? E siete certi che la sue condizioni siano davvero 'irreversibili', come lo stesso Pg della Cassazione ieri è sembrato chiedervi?
Bisognerà dunque avvisare tutti coloro che hanno parenti e amici in condizioni simili, e non sono pochi. Dire a loro: la Suprema Corte li considera già morti, o condannabili. Il nostro è un appello senza potere e senza alcun velo politico. Abbiamo solo voglia che in Italia non si condanni a morte alcuno. Tanto meno una ragazza inerme. Nel tenerla in vita, secondo le condizioni che il destino ha misteriosamente riservato a lei, non si fa torto a nessuno. Nemmeno a lei, poiché nessuno può comunque arrogarsi il diritto di interpretare ora la volontà di Eluana. Le persone cambiano. La vita, lo sappiamo, ci modella, a volte radicalmente. Ma se si dà il via libera alla esecuzione allora si stabilisce che in Italia, a determinate condizioni, c’è la pena di morte. E che tali condizioni non sono d’esser assassini o stupratori, o terroristi. Ma la condizione è d’esser inerme, 'inutile', insopportabile, e nelle mani degli altri. Io non credo che i Signori della Corte siano favorevoli alla pena di morte. Non lo voglio credere. Magari lasciassero sospesa la vicenda, incalzando piuttosto il Parlamento a fare leggi chiare, a cui tutti attenersi e non variabili da giudice a giudice, da medico a medico. Non si sta 'solamente' discutendo di una ragazza, a cui certo tutti auguriamo un corso sereno del suo oscuro destino, ma di un caso le cui conseguenze varranno per tutti. Il suo povero corpo, la sua persona, che sem brano valere più niente, secondo la visione di chi la vede già come morta, potrebbero essere inve ce quelli di un’incredibile eroina. L’ultima muta barriera, la estrema insurrezione contro una strana volontà di introdurre nella nostra già feritissima Italia l’uso della condanna a morte.
Ai Signori della Corte chiediamo di considerare tutto questo: a una ragazza inerme, che non può né esprimere né difendere le sue reali, attuali volontà, si cesserà di dare alimento. A una ragazza, avvolta sì in un silenzio misterioso, ma non arida dentro, tanto da affrontare un’estenuante emorragia come le è capitato alcune settimane fa, si vorrebbe ora dare quella morte da cui ella con le sue sole forze si è invece tirata fuori. E questo perché qualcuno - a differenza di altri - non sop porta più questa dura, triste condizione. Il padre in coscienza ha voluto combattere questa strana battaglia perché sua figlia muoia. Non ce la faceva più. È comprensibile. Meno comprensibile l’accanirsi non perché le cure e la pazienza di altri sopportino la pena e le premure, bensì per la sua morte. Per toglierla di torno. Anche se non dà nessun fastidio, e già ci sono le voci di chi, come le suore che l’accudiscono, dice: la teniamo noi. Il problema, ora che i magistrati hanno scelto di occuparsi di questa faccenda, non è più, per così dire una drammatica faccenda privata tra il signor Englaro e sua figlia. È una faccenda di diritto. E il diritto italiano non contempla la condanna a morte. Per nessuno. Neppure per chi compie la strage o lo stupro più efferato. Vo gliamo cominciare da una ragazza?
Il dilemma ora è: uno può chiedere e ottenere che un altro muoia? A meno che non si consideri Eluana già morta. Pensate a lei così, Signori della Corte? La medicina, secondo i protocolli internazionali, non classifica Eluana tra i morti. E nemmeno tra coloro che sono tenuti in vita con inutile accanimento. Voi la condannerete a morte? O la considererete come già morta? E siete certi che la sue condizioni siano davvero 'irreversibili', come lo stesso Pg della Cassazione ieri è sembrato chiedervi?
Bisognerà dunque avvisare tutti coloro che hanno parenti e amici in condizioni simili, e non sono pochi. Dire a loro: la Suprema Corte li considera già morti, o condannabili. Il nostro è un appello senza potere e senza alcun velo politico. Abbiamo solo voglia che in Italia non si condanni a morte alcuno. Tanto meno una ragazza inerme. Nel tenerla in vita, secondo le condizioni che il destino ha misteriosamente riservato a lei, non si fa torto a nessuno. Nemmeno a lei, poiché nessuno può comunque arrogarsi il diritto di interpretare ora la volontà di Eluana. Le persone cambiano. La vita, lo sappiamo, ci modella, a volte radicalmente. Ma se si dà il via libera alla esecuzione allora si stabilisce che in Italia, a determinate condizioni, c’è la pena di morte. E che tali condizioni non sono d’esser assassini o stupratori, o terroristi. Ma la condizione è d’esser inerme, 'inutile', insopportabile, e nelle mani degli altri. Io non credo che i Signori della Corte siano favorevoli alla pena di morte. Non lo voglio credere. Magari lasciassero sospesa la vicenda, incalzando piuttosto il Parlamento a fare leggi chiare, a cui tutti attenersi e non variabili da giudice a giudice, da medico a medico. Non si sta 'solamente' discutendo di una ragazza, a cui certo tutti auguriamo un corso sereno del suo oscuro destino, ma di un caso le cui conseguenze varranno per tutti. Il suo povero corpo, la sua persona, che sem brano valere più niente, secondo la visione di chi la vede già come morta, potrebbero essere inve ce quelli di un’incredibile eroina. L’ultima muta barriera, la estrema insurrezione contro una strana volontà di introdurre nella nostra già feritissima Italia l’uso della condanna a morte.
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martedì 11 novembre 2008
giovedì 6 novembre 2008
Real Madrid - Juventus 0 a 2 - reti di Alessandro Del Piero
venerdì 31 ottobre 2008
Mercurio e la sua "materia blu" (stupore!).
lunedì 27 ottobre 2008
martedì 7 ottobre 2008
Oggi è la festa della Madonna del Rosario, la Madonna della Vittoria di Lepanto!
La battaglia di Lepanto, Paolo Veronese
Cari Amici,
oggi è il 7 Ottobre, festa della Madonna del Rosario, festa della Madonna della Vittoria, festa istituita per ricordare la vittoria da parte delle milizie cristiane contro i turchi della Battaglia di Lepanto, occorsa il 7 Ottobre 1571, una delle varie battaglie che impedì all'Europa di diventare islamica (le altre, così, fior da fiore: Otranto, Belgrado, Vienna...).
La memoria di quest'evento va tenuta viva: ci sono tante ricostruzioni della battaglia, e tutte dimostrano che la vittoria fu opera della Madonna. Difatti San Pio V, il papa regnante in quel periodo, fece recitare il Rosario in tutta la Cristianità per il buon esito della battaglia, e mise l'emblema della Madonna di Loreto sulle armi delle milizie pontificie, comandate da Marcantonio Colonna.
A vittoria ottenuta, il Papa seppe del buon esito in una visione e fece suonare le campane a distesa in tutta Roma.
Marcantonio Colonna, di ritorno da Lepanto, sbarcò con la sua flotta ad Ancona e si recò con gli ex schiavi cristiani liberati dalle galere turche durante la battaglia in pellegrinaggio a piedi al Santuario della Santa Casa di Loreto, dove portarono le loro catene come ex voto per la loro liberazione.
Le catene oggi sono ancora lì, e sono visibili perché sono state fuse per ottenere i cancelletti delle tre porte della Santa Casa, i cancelli in ferro battuto di alcuni altari laterali, alcune parti della fontana presente nella piazza della Santa Casa.
Lasciò anche una bandiera, che fu usata dal generale De La Moriciere, comandante pontificio, durante la Battaglia di Castelfidardo.
L'evento fu così vivo nel cuore del buon popolo cristiano che ancor oggi ci sono dei ricordi legati a questa battaglia, ne citiamo un paio a titolo di esempio:
- a Salò (BS) si ricorda che dalla porta laterale del suo bel Duomo uscirono i soldati volontari che si imbarcarono sul Lago di Garda per raggiungere la sponda sud e unirsi alle milizie veneziane;
- a Spelonga, piccola frazione tra le montagne di Arquata del Tronto (AP), si ripete ogni tre anni la Festa Bella: in agosto gli spelongani, vestiti con fazzoletti recanti i colori delle bandiere turche, vanno nei boschi circostanti, recidono l'albero più alto e lo portano a spinta sino al paese, nella cui piazza, a forma dello scafo di una nave, issano l'albero con una bandiera riproduzione della bandiera turca predata dai prodi spelongani durante la battaglia e riportata a casa intatta per ricordo, oggi conservata nella chiesetta locale.
Gilbert Keith Chesterton scrisse sull'evento la bellissima poesia che segue:
oggi è il 7 Ottobre, festa della Madonna del Rosario, festa della Madonna della Vittoria, festa istituita per ricordare la vittoria da parte delle milizie cristiane contro i turchi della Battaglia di Lepanto, occorsa il 7 Ottobre 1571, una delle varie battaglie che impedì all'Europa di diventare islamica (le altre, così, fior da fiore: Otranto, Belgrado, Vienna...).
La memoria di quest'evento va tenuta viva: ci sono tante ricostruzioni della battaglia, e tutte dimostrano che la vittoria fu opera della Madonna. Difatti San Pio V, il papa regnante in quel periodo, fece recitare il Rosario in tutta la Cristianità per il buon esito della battaglia, e mise l'emblema della Madonna di Loreto sulle armi delle milizie pontificie, comandate da Marcantonio Colonna.
A vittoria ottenuta, il Papa seppe del buon esito in una visione e fece suonare le campane a distesa in tutta Roma.
Marcantonio Colonna, di ritorno da Lepanto, sbarcò con la sua flotta ad Ancona e si recò con gli ex schiavi cristiani liberati dalle galere turche durante la battaglia in pellegrinaggio a piedi al Santuario della Santa Casa di Loreto, dove portarono le loro catene come ex voto per la loro liberazione.
Le catene oggi sono ancora lì, e sono visibili perché sono state fuse per ottenere i cancelletti delle tre porte della Santa Casa, i cancelli in ferro battuto di alcuni altari laterali, alcune parti della fontana presente nella piazza della Santa Casa.
Lasciò anche una bandiera, che fu usata dal generale De La Moriciere, comandante pontificio, durante la Battaglia di Castelfidardo.
L'evento fu così vivo nel cuore del buon popolo cristiano che ancor oggi ci sono dei ricordi legati a questa battaglia, ne citiamo un paio a titolo di esempio:
- a Salò (BS) si ricorda che dalla porta laterale del suo bel Duomo uscirono i soldati volontari che si imbarcarono sul Lago di Garda per raggiungere la sponda sud e unirsi alle milizie veneziane;
- a Spelonga, piccola frazione tra le montagne di Arquata del Tronto (AP), si ripete ogni tre anni la Festa Bella: in agosto gli spelongani, vestiti con fazzoletti recanti i colori delle bandiere turche, vanno nei boschi circostanti, recidono l'albero più alto e lo portano a spinta sino al paese, nella cui piazza, a forma dello scafo di una nave, issano l'albero con una bandiera riproduzione della bandiera turca predata dai prodi spelongani durante la battaglia e riportata a casa intatta per ricordo, oggi conservata nella chiesetta locale.
Gilbert Keith Chesterton scrisse sull'evento la bellissima poesia che segue:
Gilbert Keith CHESTERTON
Lepanto
tratto da: «Poems», 1915.
«Lepanto» (1915, dalla raccolta «Poems») è considerata una delle più appassionanti ballate narrative moderne. Anticipando «The Congo» di Vachel Lindsay ed altre poesie moderne, Chesterton ripercorre la storia della Crociata guidata da Don Giovanni d'Austria, che nel 1571 guidò una composita armata navale cristiana ed infranse lo strapotere dei Turchi; il poeta inglese è capace di ravvivare i dettagli, trasformando aridi dati storici in azione drammatica. I versi martellano come squilli di ottone; le armate cantano, i piedi scandiscono i passi, i tamburi rullano e la marea dei Crociati in marcia rimbomba sonoramente da queste pagine.
Traduzione, dall'originale inglese, di Gianandrea de Antonellis
Bianche fontane gettano acqua nei cortili assolati,
Ed il Sultano di Bisanzio sorride mentre zampillano;
C'è riso - come quello delle fontane - in quel volto temuto da tutti,
Egli smuove l'oscurità della foresta, l'oscurità della sua barba;
Incurva la mezzaluna rosso sangue, la mezzaluna delle sue labbra;
Poiché il mare più interno di tutta la terra è terrorizzato dalle sue navi.
Hanno osato sconvolgere le bianche repubbliche d'Italia,
Hanno circondato l'adriatico Leone del Mare,
Ed il Papa ha rivolto le sue braccia lontano temendo agonia e sconfitta,
Ed ha chiamato i Re della Cristianità per combattere in nome della Fede.
La fredda Regina d'Inghilterra osserva da un cannocchiale;
L'ombra dei Valois si annoia alla messa;
Dalle isole occidentali immaginifici richiami indeboliscono le armi spagnole,
Ed il Signore del Corno d'Oro ride di fronte al sole.
Fiochi tamburi si odono rullare, al di là delle colline,
Dove si agita soltanto un principe senza corona, su un trono senza nome,
Dove, alzandosi da un seggio malfermo, da uno stallo senza maggiordomi,
L'ultimo cavaliere d'Europa toglie le armi dalla parete.
L'ultimo trovatore sopravvissuto, cui ha insegnato il canto l'uccello
Che un tempo era andato a Sud a cantare, quando il mondo era ancora giovane.
In quel completo silenzio, piano ma senza paura,
Da una strada ventosa giunge il rumore della Crociata.
Forti tamburi tuonano come lontani colpi di cannone,
Don Giovanni d'Austria sta andando alla guerra,
Pesanti bandiere sbattono nel gelido vento notturno
Nelle tenebre rosso scure, nei riflessi d'oro antico;
Torce cremisi su timpani di rame,
Ora gli squilli, ora le trombe, ora il cannone, ed egli arriva.
Don Giovanni che ride della terribile barba arricciata,
Ergendosi sulle staffe come sui troni della terra,
Sollevando la propria testa come una bandiera per tutto il mondo libero.
Luce d'Amore della Spagna - hurrah!
Luce di Morte dell'Africa!
Don Giovanni d'Austria
Cavalca verso il mare.
Maometto è nel suo paradiso sopra la stella della sera,
(Don Giovanni d'Austria sta andando alla guerra.)
Poggia il suo gran turbante sulle ginocchia di una eterna urì,
Un turbante intessuto di mari e di tramonti.
Quando si leva dal morbido giaciglio crea scompiglio nel giardino dei pavoni,
E procede fra le cime degli alberi, di cui è più alto;
E la sua voce attraverso tutto il giardino è un tuono incaricato di portare
Il nero Az-rael ed Ariel ed Ammon sull'ala.
Giganti e geni,
Dalle molte ali e dai molti occhi,
La cui cieca obbedienza ha infranto i cieli
Quando Salomone regnava.
Sfrecciano nel rosso e nella porpora dalle nubi cremisi del mattino,
Dai tempi in cui gli dei dorati chiudono, vergognandosi, gli occhi;
Si alzano in abiti verdi ruggendo dai verdi abissi del mare
Dove si trovano cieli caduti, grida crudeli e creature senza occhi,
E su di essi crescono a grappoli le valve e grigie foreste marine si arricciano,
Sommersi da uno splendido male, la malattia delle perle;
Insuperbiscono nel fumo blu zaffiro che sale dalle azzurre fenditure della terra, -
Si raccolgono, si stupiscono ed adorano Maometto.
Ed egli disse: «Spezzate le montagne in cui si nascondono le termiti,
E setacciate la sabbia rossa e d'argento affinché non rimanga un solo osso di santo»,
E seguite i Giaurri che volano notte e giorno, senza tregua,
Poiché ciò che ci ha creato fastidi di nuovo giunge dall'ovest.
Abbiamo posto il sigillo di Salomone su tutto ciò che sta sotto il sole,
Su quello che è fatto di conoscenza, di dispiacere e di durezza.
Ma c'è un rumore tra le montagne, tra le montagne, e riconosco
La voce che ha scosso i nostri palazzi - quattrocento anni or sono:
È di colui che non dice "Kismet"; è di colui che non accetta il Destino;
È Riccardo, è Raimondo, è Goffredo alle porte!
È di colui che ride di fronte alla sconfitta considerando il valore della posta.
Schiacciatelo, ed avremo la pace».
Poiché egli ha udito il crepitio dei tamburi e il rombo dei cannoni,
(Don Giovanni d'Austria sta andando alla guerra).
Improvviso ed ancora - hurrah!
Un fulmine dalla Spagna!
Don Giovanni d'Austria
È partito da Alcalà.
San Michele sulla sua montagna sulla rotta verso Nord
(Don Giovanni d'Austria è sicuro ed avanza).
Dove brillano mari grigi e si alzano forti maree
E la gente di mare si affatica e vele rosse si alzano.
Agita la lancia di ferro e sbatte le ali di pietra;
Il rumore ha attraversato la Normandia; il rumore se n'è andato;
Il Nord è pieno di situazioni e testi complessi e di occhi dolenti,
E morta è ogni innocenza di rabbia e di sorpresa,
E un Cristiano ha ucciso un Cristiano in una stanza polverosa e stretta,
E il Cristiano ha temuto Cristo che aveva uno sconosciuto volto di maledizione,
E il Cristiano ha odiato la Maria che Dio aveva baciato in Galilea,
Ma Don Giovanni d'Austria sta solcando il mare.
Don Giovanni che chiama attraverso il tono e l'eclissi
Che chiama con la tromba, con la tromba delle labbra,
Una tromba che ha detto «ha!»
Gloria Domino!
Don Giovanni d'Austria
Sta arringando le navi.
Re Filippo sta nel suo studio col Toson d'Oro intorno al collo
(Don Giovanni d'Austria è armato sul ponte)
I muri ricoperti di velluto, nero e soffice come il peccato,
Mentre un nano esce ed un altro nano tombola dentro
Tra le mani ha una fiala di cristallo, color della luna,
La tocca, si punge e subito trema
E il suo volto è bianco e grigio come quello di un lebbroso
Come le erbacce nelle grandi case abbandonate da tempo,
E in quella fiala c'è la morte e la fine del suo nobile lavoro,
Ma Don Giovanni d'Austria ha aperto il fuoco sopra i Turchi.
Don Giovanni è alla caccia e i suoi cani latrano.
La fama della sua spedizione giunge oltre l'Italia.
Forza con i cannoni, ha! ha!
Forza con i cannoni, urrà!
Don Giovanni d'Austria
Ha aperto il suo bombardamento.
Il Papa era nella sua cappella prima che il giorno della nostra battaglia finisse,
(Don Giovanni d'Austria è nascosto nel fumo)
La stanza nascosta nella casa dei mortali in cui Dio siede tutto l'anno,
La finestra segreta da dove il mondo appare piccolo e tanto caro.
Egli vede come in uno specchio sull'enorme mare crepuscolare
La mezzaluna delle navi crudeli il cui il nome è mistero;
Esse proiettano grandi ombre verso i nemici, oscurando la Croce ed il Castello,
Esse offuscano gli alati leoni di pietra sulle galee di San Marco;
E sopra le navi ci sono le residenze di comandanti bruni, dalla barba nera,
E sotto le navi ci sono le prigioni, dove si trovano tra molti dolori
Prigionieri cristiani ammalati e senz'aria, tutti schiavi catturati,
Come la stirpe di una città sprofondata, come una nazione condannata alle miniere.
Sono persi come gli schiavi che penavano, quando nei cieli mattutini incombevano
Le vie celesti degli dei più potenti, al principio della tirannia.
Sono innumerevoli, senza voce, senza speranza come quelli morti o abbandonati
Davanti agli alti cavalli dei Re nel granito di Babilonia.
E più di uno invecchia senza rendersi conto nella sua calma stanza infernale
Dove una faccia gialla guarda dentro attraverso la grata della sua cella,
E ritrova il suo Dio dimenticato e non cerca più un segno -
(Ma Don Giovanni d'Austria ha spezzato la linea di battaglia!)
Don Giovanni correndo dalla poppa intrisa di sangue,
Che imporpora tutto l'oceano come il vascello di un pirata sanguinario,
Lo scarlatto ricopre l'argento e l'oro,
Scardinando i boccaporti e sfondando le serrature,
Liberando le migliaia di schiavi che faticano sotto il mare
Bianchi per la felicità, ciechi per il sole e storditi per libertà.
Vivat Hispania!
Domino Gloria!
Don Giovanni d'Austria
Ha liberato la sua gente!
Cervantes sulla sua galea rinfodera la spada
(Don Giovanni d'Austria fa ritorno con una corona).
E vede attraverso una terra esausta una strada solitaria in Spagna,
Sulla quale un cavaliere magro ed insensato cavalca sempre invano,
E sorride, ma non come il Sultano, e ripone la sua lama...
(Ma Don Giovanni d'Austria torna dalla Crociata).
SCUOLA - Quante confusioni quando si parla di libertà di educazione
Vi propongo questo articolo pubblicato da IlSussidiario.net firmato da Vincenzo Silvano, a commento di un articolo del vaticanista di Repubblica Marco Politi, che criticava molto tendenziosamente il Papa che in un recente messaggio per un convegno di scuole cattoliche chiedeva una reale parità tra scuole cattoliche e statali.
Leggete e diffondete. Occorre ragionare, usare la testa su queste cose, l'ignoranza è tanta anche tra di noi.
A me sale la pressione tutte le volte che leggo comunisti, massoni, laicisti di varia risma infilare tali e tante corbellerie con evidente mala fede.
Che Repubblica sia un giornale non propriamente schierato a favore della libertà di scelta educativa, è un fatto risaputo. Nessuna meraviglia, dunque, se sfogliandolo si trova un articolo poco benevolo nei confronti di quanto il Santo Padre ha dichiarato sulla parità scolastica in occasione del Convegno del Centro Studi sulla Scuola Cattolica.
Ma quando al legittimo diritto di critica si aggiunge la falsità, nella forma di un vero e proprio capovolgimento della realtà, forse è il caso di dare una risposta.
Il “ragionamento” fatto da Marco Politi (“Scuola, nuovo appello del Papa: piena parità tra cattoliche e statali”, 26 settembre, pag. 26), infatti, oltre ad essere tendenzioso, contiene anche una vera a propria distorsione della realtà. Si chiede il bravo giornalista: perché mai il Papa chiede la parità? E’ evidente, risponde: «la Chiesa cerca ad ogni costo finanziamenti, perché gli istituti cattolici non tirano molto in termini di mercato». E che non tirino molto, è dimostrato a suo parere dal fatto che «tolti i settecentomila bambini degli asili, soltanto 269.000 ragazzi frequentano le elementari, le medie e le superiori confessionali. Gli studenti di medie e superiori sono più o meno 130 mila, perché nonostante tutto i genitori italiani preferiscono la scuola pubblica dove si mescolano tutte le credenze».
Capito? I genitori preferiscono gli asili non statali, forse perché l’educazione religiosa va bene (o è irrilevante) per i bimbi piccoli; poi però, quando si comincia a fare i conti sul serio con la realtà, la scuola statale “dove si mescolano tutte le credenze” è la soluzione migliore per tirare su persone preparate e consapevoli.
Premesso che il Papa non ha chiesto finanziamenti, ma ha a cuore –e l’ha esplicitamente affermato – la libertà di scelta educativa per le famiglie, e questa può realizzarsi benissimo anche senza dare direttamente soldi alle scuole “confessionali” (come ci dimostra l’esempio della Dote lombarda), la ragione per cui meno studenti frequentano le scuole secondarie non statali di primo e secondo grado è, molto semplicemente, un’altra: costano di più. E conseguentemente sono anche di meno. La storia d’Italia ci documenta che lo Stato ha, sin dall’inizio, espropriato le scuole di ogni ordine e grado alle congregazioni religiose, ed in particolare quelle che impartivano un’istruzione ai ragazzi più grandi, lasciando alla Chiesa solo qualche piccolo spazio nell’ambito dell’educazione dell’infanzia.
Oggi, creare e mantenere una scuola secondaria di primo o secondo grado ha un costo notevole, che necessariamente si riflette nelle rette chieste alle famiglie. Senza una reale parità economica, il confronto con le scuole statali è assolutamente impari: in termini economici si chiama concorrenza sleale. Eppure, nonostante ciò (a ribaltamento del ragionamento di Politi), ci sono decine di migliaia di famiglie che preferiscono mandare i propri figli grandi alle scuole non statali. E, fra queste (guarda un po’), tanti politici di sinistra. Chissà perché….
Lancio un guanto di sfida a Repubblica: realizziamo una vera parità economica fra statale e non statale e poi, nel giro di qualche anno, ne riparliamo. Vedremo se davvero le famiglie preferiscono le scuole dove si mescolano tutte le credenze o se, prive dell’onere di rette gravose (quando non insostenibili) per i bilanci familiari, manderanno i figli alle cosiddette “scuole confessionali”. Ma, forse, gli amici di Repubblica questo rischio non vogliono correrlo…
Leggete e diffondete. Occorre ragionare, usare la testa su queste cose, l'ignoranza è tanta anche tra di noi.
A me sale la pressione tutte le volte che leggo comunisti, massoni, laicisti di varia risma infilare tali e tante corbellerie con evidente mala fede.
Che Repubblica sia un giornale non propriamente schierato a favore della libertà di scelta educativa, è un fatto risaputo. Nessuna meraviglia, dunque, se sfogliandolo si trova un articolo poco benevolo nei confronti di quanto il Santo Padre ha dichiarato sulla parità scolastica in occasione del Convegno del Centro Studi sulla Scuola Cattolica.
Ma quando al legittimo diritto di critica si aggiunge la falsità, nella forma di un vero e proprio capovolgimento della realtà, forse è il caso di dare una risposta.
Il “ragionamento” fatto da Marco Politi (“Scuola, nuovo appello del Papa: piena parità tra cattoliche e statali”, 26 settembre, pag. 26), infatti, oltre ad essere tendenzioso, contiene anche una vera a propria distorsione della realtà. Si chiede il bravo giornalista: perché mai il Papa chiede la parità? E’ evidente, risponde: «la Chiesa cerca ad ogni costo finanziamenti, perché gli istituti cattolici non tirano molto in termini di mercato». E che non tirino molto, è dimostrato a suo parere dal fatto che «tolti i settecentomila bambini degli asili, soltanto 269.000 ragazzi frequentano le elementari, le medie e le superiori confessionali. Gli studenti di medie e superiori sono più o meno 130 mila, perché nonostante tutto i genitori italiani preferiscono la scuola pubblica dove si mescolano tutte le credenze».
Capito? I genitori preferiscono gli asili non statali, forse perché l’educazione religiosa va bene (o è irrilevante) per i bimbi piccoli; poi però, quando si comincia a fare i conti sul serio con la realtà, la scuola statale “dove si mescolano tutte le credenze” è la soluzione migliore per tirare su persone preparate e consapevoli.
Premesso che il Papa non ha chiesto finanziamenti, ma ha a cuore –e l’ha esplicitamente affermato – la libertà di scelta educativa per le famiglie, e questa può realizzarsi benissimo anche senza dare direttamente soldi alle scuole “confessionali” (come ci dimostra l’esempio della Dote lombarda), la ragione per cui meno studenti frequentano le scuole secondarie non statali di primo e secondo grado è, molto semplicemente, un’altra: costano di più. E conseguentemente sono anche di meno. La storia d’Italia ci documenta che lo Stato ha, sin dall’inizio, espropriato le scuole di ogni ordine e grado alle congregazioni religiose, ed in particolare quelle che impartivano un’istruzione ai ragazzi più grandi, lasciando alla Chiesa solo qualche piccolo spazio nell’ambito dell’educazione dell’infanzia.
Oggi, creare e mantenere una scuola secondaria di primo o secondo grado ha un costo notevole, che necessariamente si riflette nelle rette chieste alle famiglie. Senza una reale parità economica, il confronto con le scuole statali è assolutamente impari: in termini economici si chiama concorrenza sleale. Eppure, nonostante ciò (a ribaltamento del ragionamento di Politi), ci sono decine di migliaia di famiglie che preferiscono mandare i propri figli grandi alle scuole non statali. E, fra queste (guarda un po’), tanti politici di sinistra. Chissà perché….
Lancio un guanto di sfida a Repubblica: realizziamo una vera parità economica fra statale e non statale e poi, nel giro di qualche anno, ne riparliamo. Vedremo se davvero le famiglie preferiscono le scuole dove si mescolano tutte le credenze o se, prive dell’onere di rette gravose (quando non insostenibili) per i bilanci familiari, manderanno i figli alle cosiddette “scuole confessionali”. Ma, forse, gli amici di Repubblica questo rischio non vogliono correrlo…
lunedì 6 ottobre 2008
U2... chestertoniani.
Time won't leave me as I am
But time won't take the boy out of this man.
Il tempo non mi lascerà come sono
Ma il tempo non caccerà il bambino fuori da questo uomo.
(U2, City of blinding lights)
venerdì 26 settembre 2008
Il rugby dal vivo è bello.
Ieri, alla tenera età di quarantatrè anni, ho fatto il mio primo allenamento di rugby.
Avanzare, pressare, sostenere, continuare, la quattro grandi regole del rugby.
Bello!
Avanzare, pressare, sostenere, continuare, la quattro grandi regole del rugby.
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Rugby
domenica 14 settembre 2008
Notre Dame, la chiesa del rugby - LASTAMPA.it
Bellissima storia!
La chiesa cattolica dedicata a Nostra Signora del Rugby!
Bellissima anche la preghiera!
Grande il prete!
Ci devo assolutamente andare!
http://www.lastampa.it/sport/cmsSezioni/rugby/200708articoli/10344girata.asp
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La chiesa cattolica dedicata a Nostra Signora del Rugby!
Bellissima anche la preghiera!
Grande il prete!
Ci devo assolutamente andare!
http://www.lastampa.it/sport/cmsSezioni/rugby/200708articoli/10344girata.asp
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giovedì 11 settembre 2008
IRAQ - I cristiani si organizzano per difendersi.
Ecco i nuovi Cristeros. Sono in Iraq. Da AsiaNews.
In un villaggio vicino Niniveh il primo caso di milizia cristiana
Colpiti lo scorso anno con un camion bomba, fatti segno di attacchi, costretti a pagare gli uomini di Al Qaeda, gli abitanti di Tel Asquf hanno dato vita ad un servizio di sicurezza che sorveglia gli ingressi del loro paese.
Baghdad (AsiaNews) - Si chiama Tel Asquf ed è nel nord dell'Iraq, vicino Niniveh, il primo villaggio cristiano ad aver creato una propria forza di sicurezza. I suoi 8mila abitanti, stanchi di pagare la "jezya" (tassa di protezione) agli uomini di Al Qaeda si sono rivolti ai vicini curdi. Adesso i peshmerga hanno creato un cerchio di sorveglianza intorno al villaggio, gli ingressi del quale vedono la presenza di 200 cristiani armati.
Finora non hanno dovuto sparare un colpo, precisa il Middle East Ondine, che racconta la storia di questo villaggio, che l'anno scorso fu fatto segno di un camion bomba che provocò sette morti. Ed anche in seguito non sono mancati attacchi di miliziani, sia sunniti che sciiti.
"I terroristi - ha raccontato Abu Nataq, che guida il gruppo di sicurezza del villaggio - vogliono ucciderci perché siamo cristiani. Se non ci difendiamo da soli, chi lo fa?". "Abbiamo chiesto – aggiunge - l'aiuto del Kurdistan". I peshmerga hanno fornito fucili e radio e l'amministrazione di Arbil paga i 200 dollari al mese dello stipendio dei vigilanti. Gli armati cristiani sorvegliano i quattro ingressi del paese e pattugliano le strade, particolarmente quelle intorno alla chiesa caldea-cattolica di San Giorgio.
"A Mosul – racconta uno di loro – i miei bambini non potevano giocare in strada ed io non potevo mandare la mia figlia di 12 anni a scuola. Qui – aggiunge - viviamo praticamente uno sull'altro e tutto è costoso, perché i commercianti sanno che non possiamo andare a fare la spesa a Mosul". Ma ora è tra coloro che montano di guardia davanti alla chiesa.
In un villaggio vicino Niniveh il primo caso di milizia cristiana
Colpiti lo scorso anno con un camion bomba, fatti segno di attacchi, costretti a pagare gli uomini di Al Qaeda, gli abitanti di Tel Asquf hanno dato vita ad un servizio di sicurezza che sorveglia gli ingressi del loro paese.
Baghdad (AsiaNews) - Si chiama Tel Asquf ed è nel nord dell'Iraq, vicino Niniveh, il primo villaggio cristiano ad aver creato una propria forza di sicurezza. I suoi 8mila abitanti, stanchi di pagare la "jezya" (tassa di protezione) agli uomini di Al Qaeda si sono rivolti ai vicini curdi. Adesso i peshmerga hanno creato un cerchio di sorveglianza intorno al villaggio, gli ingressi del quale vedono la presenza di 200 cristiani armati.
Finora non hanno dovuto sparare un colpo, precisa il Middle East Ondine, che racconta la storia di questo villaggio, che l'anno scorso fu fatto segno di un camion bomba che provocò sette morti. Ed anche in seguito non sono mancati attacchi di miliziani, sia sunniti che sciiti.
"I terroristi - ha raccontato Abu Nataq, che guida il gruppo di sicurezza del villaggio - vogliono ucciderci perché siamo cristiani. Se non ci difendiamo da soli, chi lo fa?". "Abbiamo chiesto – aggiunge - l'aiuto del Kurdistan". I peshmerga hanno fornito fucili e radio e l'amministrazione di Arbil paga i 200 dollari al mese dello stipendio dei vigilanti. Gli armati cristiani sorvegliano i quattro ingressi del paese e pattugliano le strade, particolarmente quelle intorno alla chiesa caldea-cattolica di San Giorgio.
"A Mosul – racconta uno di loro – i miei bambini non potevano giocare in strada ed io non potevo mandare la mia figlia di 12 anni a scuola. Qui – aggiunge - viviamo praticamente uno sull'altro e tutto è costoso, perché i commercianti sanno che non possiamo andare a fare la spesa a Mosul". Ma ora è tra coloro che montano di guardia davanti alla chiesa.
domenica 7 settembre 2008
Un'interessante (quanto isolata) presa di posizione sul silenzio circa la sorte dei cristiani nel mondo.
Qui di seguito c'e un articolo di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera di oggi con una interessante riflessione sulla sorte dei cristiani nel mondo e le persecuzioni di questi ultimi mesi (in realtà in atto da anni ma nel disinteresse totale della cieca stampa italican dedita a veline e giocatori e al minimo flatus vocis dei politichetti di turno).
Ieri in India sono state aggredite quattro Missionarie della Carità, quelle di Santa Teresa di Calcutta, che in proporzione è molto molto peggio che sparare sulla Croce Rossa.
In Italia il tema principale è Fini che parla del voto agli immigrati per non si sa quale fine, Veltroni che ce l'ha con Parisi che ha lodato colpevolmente Silvio Berlusconi.
Il ridicolo sfocia nel tragico.
La CEI (i Vescovi Cattolici italiani) hanno indetto comunque nei prossimi giorni una giornata di solidarietà a favore dei cristiani perseguitati nel mondo. Ovviamente ne parlano in pochi.
Giornalisti, vergogna.
http://mobile.corriere.it/dettaglio.php?SID=a2006f5ef5a0e23298aaa9127ff4ec10&idc=1965130&ids=3&type=news
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Ieri in India sono state aggredite quattro Missionarie della Carità, quelle di Santa Teresa di Calcutta, che in proporzione è molto molto peggio che sparare sulla Croce Rossa.
In Italia il tema principale è Fini che parla del voto agli immigrati per non si sa quale fine, Veltroni che ce l'ha con Parisi che ha lodato colpevolmente Silvio Berlusconi.
Il ridicolo sfocia nel tragico.
La CEI (i Vescovi Cattolici italiani) hanno indetto comunque nei prossimi giorni una giornata di solidarietà a favore dei cristiani perseguitati nel mondo. Ovviamente ne parlano in pochi.
Giornalisti, vergogna.
http://mobile.corriere.it/dettaglio.php?SID=a2006f5ef5a0e23298aaa9127ff4ec10&idc=1965130&ids=3&type=news
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venerdì 5 settembre 2008
Ricordiamoci del Re.
Ricordiamoci, amici, che l'Unico Re Legittimo, Gesù Cristo, è sbarcato e che ci ha chiesto di partecipare alla Sua grande campagna di sabotaggio, e che la domenica dobbiamo andare a messa ad ascoltare la Sua radio clandestina.
Ricordiamocelo tutti i giorni!
Ricordiamocelo tutti i giorni!
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mercoledì 3 settembre 2008
India - La viva voce di una delle vittime dei pogrom, padre Thomas (nella foto)
Vi preghiamo di diffondere il più possibile e nel più ampio raggio possibile (=anche all'estero!) queste notizie. Grazie.
Questo articolo di AsiaNews, che ringraziamo, è la viva voce del protagonista, padre Thomas Chellan.
di Thomas Chellan
È stato fra i primi ad essere colpito dalla furia dei radicali indù nei giorni scorsi. Per la prima volta parla del suo calvario. Catturato, picchiato, ferito, denudato, ha rischiato di essere arso vivo. Solo dopo due giorni la polizia lo ha liberato. Il suo racconto è stato raccolto da Nirmala Carvalho, corrispondente di AsiaNews a Mumbai.
Mumbai (AsiaNews) - Padre Thomas Chellan, 57 anni, è una delle prime vittime del pogrom contro i cristiani lanciato dal Vishva Hindu Parishad dopo l’assassinio di Swami Laxamananda Saraswati, il 23 agosto scorso. Picchiato, malmenato, ferito, denudato egli è stato soccorso dalla polizia solo alla fine della sua Via crucis. Con lui, anche una suora ha subito le stesse violenze, forse anche più brutali. Il loro Centro pastorale a Kandhamal è stato fra le prime costruzioni cristiane ad essere distrutte e bruciate. P. Thomas, ora ricoverato in ospedale ha accettato per la prima volta di raccontare quanto gli è successo. Mentre si fa forza a parlare, annaspa nel definire “selvaggia” la furia che lo ha colpito. “Selvaggia è troppo poco” dice. “Il modo con cui ci hanno picchiato con bastoni, piedi di porco, asce, lance, mostra che non ci consideravano neppure degli esseri umani… Erano come dei sicari, pagati da qualcuno per torturarci e picchiarci”. P. Thomas ha ora un’unica preoccupazione: quella per le migliaia (forse 50 mila) di fuggitivi nascosti nella foresta. “A tutt’oggi non c’è nemmeno un prete o una suora a Kadhamal. Tutti sono fuggiti, mentre dilagano le razzie e la caccia all’uomo. Nella mia agonia prego per i cristiani nella foresta. Nemmeno quello è un rifugio sicuro”. E aggiunge: "Se il mio vescovo mi manda, sono pronto a ritornare in Orissa. Insieme alle mie ferite, Cristo sta guarendo anche i miei sentimenti: non ho odio o amarezza. Sono pronto a servire anche coloro che mi hanno colpito… Sono felice di essere parte della ricca storia di persecuzione della Chiesa cattolica qui in India”. (NC). Da sette anni sono il direttore del Centro pastorale Divyajyoti [della diocesi di Cuttack- Bhubaneshwar]. La polizia (Orissa state armed police, Osap) era accampata davanti al nostro Centro da oltre un mese, da quando, a causa dell’uccisione di una mucca, vi sono stati alcuni incidenti a Tumbudhibandth. Quando, guardando la televisione, ho saputo della crudele uccisione di Swami Laxamananda Saraswati, ho contattato subito l’Osap chiedendo la loro protezione. Mi hanno risposto: “Nessuna preoccupazione, noi siamo qui”. Allora mi sono calmato. Il 24 agosto, verso le 4.30 del pomeriggio, una folla enorme è giunta al nostro cancello gridando slogan. Temendo per la nostra vita, io, un altro mio confratello prete e una suora abbiamo cominciato a scappare oltre il recinto del centro, dal retro dell’edificio. Sentivamo urla, rumori di porte e finestre infrante, ecc. Poi, dopo pochissimo tempo, abbiamo visto le fiamme e il fumo. Non sentendoci al sicuro, siamo fuggiti oltre, nella foresta e siamo rimasti là alcune ore, fino alle 8 di sera. Abbiamo raggiunto la casa di Prahlad Pradhan del villaggio di K. Nuagaon e lui è stato così buono da ospitarci e darci da mangiare. Il 25 agosto, verso le 9 di mattina, dall’interno della mia stanza ho potuto vedere ancora una folla distruggere una piccola chiesetta. Intuendo il pericolo, Prahlad mi ha nascosto in una stanza fuori dell’edificio principale e ha chiuso la serratura dall’esterno. Alle 13.30 un gruppo di 40-50 persone è arrivato e ha rotto la porta tirandomi fuori. In mezzo al gruppo vi era la suora, catturata prima di me. Hanno cominciato a picchiarmi da tutte le parti e mi hanno strappato a forza la camicia e il banyan [una giacca da camera – ndr]. Domandavano: “Perché avete ucciso lo Swamiji? Quanti soldi avete dato agli uccisori? Perché fate sempre così tante riunioni e incontri nel centro pastorale?”. Poi, spingendoci e tirando da tutte le parti ci hanno condotto fino al Janavikas building, dall’altro lato della strada. In mano avevano lathi [bastoni con punta di ferro, usati nelle arti marziali – ndr] asce, lance, piedi di porco, bastoni di ferro, falci, …Hanno continuato a picchiarci anche dentro l’edificio. Poi hanno strappato la camicia alla suora e l’hanno assalita. Ho detto qualcosa per fermarli, e con una mazza di ferro mi hanno colpito alla spalla destra. Poi mi hanno versato addosso del kerosene, mi hanno portato fuori e hanno preso dei fiammiferi per bruciarci. Uno ha suggerito di portarmi in strada e bruciarmi là. Mi hanno trascinato in strada mi hanno messo in ginocchio per 10 minuti, mentre portavano all’esterno anche la suora. Qualcuno intanto cercava una corda per legarci insieme e arderci vivi. Quindi hanno deciso di esporci mezzi nudi a Nuagaon, a mezzo chilometro da dove eravamo. Ci hanno legato le mani e ci hanno trascinato. Hanno anche cercato di strapparci via i resti dei nostri indumenti, ma abbiamo resistito. Mentre camminavamo piovevano colpi all’impazzata sui nostri corpi. Qualcuno nella folla gridava offese in Malayalam. Alle 14.30 abbiamo raggiunto Nuagaon, dove vi erano una dozzina di poliziotti dell’Osap, in piedi ai lati della strada. Domando a uno di loro: “Signore, la prego, ci aiuti!”. Ma per questa domanda uno della folla mi ha colpito. La polizia stava solo a guardare; nessun poliziotto nella sede di Nuagaon. La folla ci ha costretto a sederci sul bordo della strada e uno mi ha colpito in faccia. Intanto, uno che conoscevo bene – un venditore di Nuagaon – stava raccogliendo pneumatici usati perché volevano usarli per bruciarci. A un certo punto la folla ci ha detto di andare a K. Nuagaon, insieme a uno degli ufficiali, che ci ha accompagnato alla sede della polizia. Lì mi hanno messo qualche punto alle ferite, fasce e unguenti. Alle 9 di sera, l’ispettore di Balliguda, con un gruppo di poliziotti, ci ha portato a Balliguda. Uno della folla che ci aveva attaccato è rimasto a guardare tutti i nostri movimenti fino al nostro partire per Balliguda. Lì la polizia ci ha dato ospitalità e tutti ci hanno aiutato molto. Il 26 agosto alle 9 di mattina, ci hanno ancora portato alla stazione di polizia di Balliguda, dove l’ispettore capo ci ha chiesto se eravamo interessati ad esporre denuncia. Al nostro sì, ci ha detto di farlo subito, perché stava preparando il nostro trasferimento a Bhubaneshwar (280 km da Nuagaon). Abbiamo depositato 3 denunce: una per l’attacco contro il Centro pastorale; una per l’attacco contro di me; una per l’attacco contro la suora. Alle 16 siamo stati messi su un autobus molto confortevole, insieme ad alcuni altri passeggeri e ci hanno portato a Bhubaneshwar. Siamo scesi pochi km dopo Nayagarh, un po’ dopo la mezzanotte, il 27 agosto. Alcuni miei amici mi aspettavano per accogliermi e caricarmi nella loro auto. Alle 2 di notte siamo arrivati in uno dei nostri centri di Bhubaneshwar.
Questo articolo di AsiaNews, che ringraziamo, è la viva voce del protagonista, padre Thomas Chellan.
di Thomas Chellan
È stato fra i primi ad essere colpito dalla furia dei radicali indù nei giorni scorsi. Per la prima volta parla del suo calvario. Catturato, picchiato, ferito, denudato, ha rischiato di essere arso vivo. Solo dopo due giorni la polizia lo ha liberato. Il suo racconto è stato raccolto da Nirmala Carvalho, corrispondente di AsiaNews a Mumbai.
Mumbai (AsiaNews) - Padre Thomas Chellan, 57 anni, è una delle prime vittime del pogrom contro i cristiani lanciato dal Vishva Hindu Parishad dopo l’assassinio di Swami Laxamananda Saraswati, il 23 agosto scorso. Picchiato, malmenato, ferito, denudato egli è stato soccorso dalla polizia solo alla fine della sua Via crucis. Con lui, anche una suora ha subito le stesse violenze, forse anche più brutali. Il loro Centro pastorale a Kandhamal è stato fra le prime costruzioni cristiane ad essere distrutte e bruciate. P. Thomas, ora ricoverato in ospedale ha accettato per la prima volta di raccontare quanto gli è successo. Mentre si fa forza a parlare, annaspa nel definire “selvaggia” la furia che lo ha colpito. “Selvaggia è troppo poco” dice. “Il modo con cui ci hanno picchiato con bastoni, piedi di porco, asce, lance, mostra che non ci consideravano neppure degli esseri umani… Erano come dei sicari, pagati da qualcuno per torturarci e picchiarci”. P. Thomas ha ora un’unica preoccupazione: quella per le migliaia (forse 50 mila) di fuggitivi nascosti nella foresta. “A tutt’oggi non c’è nemmeno un prete o una suora a Kadhamal. Tutti sono fuggiti, mentre dilagano le razzie e la caccia all’uomo. Nella mia agonia prego per i cristiani nella foresta. Nemmeno quello è un rifugio sicuro”. E aggiunge: "Se il mio vescovo mi manda, sono pronto a ritornare in Orissa. Insieme alle mie ferite, Cristo sta guarendo anche i miei sentimenti: non ho odio o amarezza. Sono pronto a servire anche coloro che mi hanno colpito… Sono felice di essere parte della ricca storia di persecuzione della Chiesa cattolica qui in India”. (NC). Da sette anni sono il direttore del Centro pastorale Divyajyoti [della diocesi di Cuttack- Bhubaneshwar]. La polizia (Orissa state armed police, Osap) era accampata davanti al nostro Centro da oltre un mese, da quando, a causa dell’uccisione di una mucca, vi sono stati alcuni incidenti a Tumbudhibandth. Quando, guardando la televisione, ho saputo della crudele uccisione di Swami Laxamananda Saraswati, ho contattato subito l’Osap chiedendo la loro protezione. Mi hanno risposto: “Nessuna preoccupazione, noi siamo qui”. Allora mi sono calmato. Il 24 agosto, verso le 4.30 del pomeriggio, una folla enorme è giunta al nostro cancello gridando slogan. Temendo per la nostra vita, io, un altro mio confratello prete e una suora abbiamo cominciato a scappare oltre il recinto del centro, dal retro dell’edificio. Sentivamo urla, rumori di porte e finestre infrante, ecc. Poi, dopo pochissimo tempo, abbiamo visto le fiamme e il fumo. Non sentendoci al sicuro, siamo fuggiti oltre, nella foresta e siamo rimasti là alcune ore, fino alle 8 di sera. Abbiamo raggiunto la casa di Prahlad Pradhan del villaggio di K. Nuagaon e lui è stato così buono da ospitarci e darci da mangiare. Il 25 agosto, verso le 9 di mattina, dall’interno della mia stanza ho potuto vedere ancora una folla distruggere una piccola chiesetta. Intuendo il pericolo, Prahlad mi ha nascosto in una stanza fuori dell’edificio principale e ha chiuso la serratura dall’esterno. Alle 13.30 un gruppo di 40-50 persone è arrivato e ha rotto la porta tirandomi fuori. In mezzo al gruppo vi era la suora, catturata prima di me. Hanno cominciato a picchiarmi da tutte le parti e mi hanno strappato a forza la camicia e il banyan [una giacca da camera – ndr]. Domandavano: “Perché avete ucciso lo Swamiji? Quanti soldi avete dato agli uccisori? Perché fate sempre così tante riunioni e incontri nel centro pastorale?”. Poi, spingendoci e tirando da tutte le parti ci hanno condotto fino al Janavikas building, dall’altro lato della strada. In mano avevano lathi [bastoni con punta di ferro, usati nelle arti marziali – ndr] asce, lance, piedi di porco, bastoni di ferro, falci, …Hanno continuato a picchiarci anche dentro l’edificio. Poi hanno strappato la camicia alla suora e l’hanno assalita. Ho detto qualcosa per fermarli, e con una mazza di ferro mi hanno colpito alla spalla destra. Poi mi hanno versato addosso del kerosene, mi hanno portato fuori e hanno preso dei fiammiferi per bruciarci. Uno ha suggerito di portarmi in strada e bruciarmi là. Mi hanno trascinato in strada mi hanno messo in ginocchio per 10 minuti, mentre portavano all’esterno anche la suora. Qualcuno intanto cercava una corda per legarci insieme e arderci vivi. Quindi hanno deciso di esporci mezzi nudi a Nuagaon, a mezzo chilometro da dove eravamo. Ci hanno legato le mani e ci hanno trascinato. Hanno anche cercato di strapparci via i resti dei nostri indumenti, ma abbiamo resistito. Mentre camminavamo piovevano colpi all’impazzata sui nostri corpi. Qualcuno nella folla gridava offese in Malayalam. Alle 14.30 abbiamo raggiunto Nuagaon, dove vi erano una dozzina di poliziotti dell’Osap, in piedi ai lati della strada. Domando a uno di loro: “Signore, la prego, ci aiuti!”. Ma per questa domanda uno della folla mi ha colpito. La polizia stava solo a guardare; nessun poliziotto nella sede di Nuagaon. La folla ci ha costretto a sederci sul bordo della strada e uno mi ha colpito in faccia. Intanto, uno che conoscevo bene – un venditore di Nuagaon – stava raccogliendo pneumatici usati perché volevano usarli per bruciarci. A un certo punto la folla ci ha detto di andare a K. Nuagaon, insieme a uno degli ufficiali, che ci ha accompagnato alla sede della polizia. Lì mi hanno messo qualche punto alle ferite, fasce e unguenti. Alle 9 di sera, l’ispettore di Balliguda, con un gruppo di poliziotti, ci ha portato a Balliguda. Uno della folla che ci aveva attaccato è rimasto a guardare tutti i nostri movimenti fino al nostro partire per Balliguda. Lì la polizia ci ha dato ospitalità e tutti ci hanno aiutato molto. Il 26 agosto alle 9 di mattina, ci hanno ancora portato alla stazione di polizia di Balliguda, dove l’ispettore capo ci ha chiesto se eravamo interessati ad esporre denuncia. Al nostro sì, ci ha detto di farlo subito, perché stava preparando il nostro trasferimento a Bhubaneshwar (280 km da Nuagaon). Abbiamo depositato 3 denunce: una per l’attacco contro il Centro pastorale; una per l’attacco contro di me; una per l’attacco contro la suora. Alle 16 siamo stati messi su un autobus molto confortevole, insieme ad alcuni altri passeggeri e ci hanno portato a Bhubaneshwar. Siamo scesi pochi km dopo Nayagarh, un po’ dopo la mezzanotte, il 27 agosto. Alcuni miei amici mi aspettavano per accogliermi e caricarmi nella loro auto. Alle 2 di notte siamo arrivati in uno dei nostri centri di Bhubaneshwar.
Nuove violenze a Mosul, rapiti e uccisi due cristiani.
Si conclude in maniera tragico il sequestro di due cristiani, per la cui libertà una delle famiglie aveva già pagato un riscatto di 20mila dollari. La comunità di Mosul auspica che i musulmani condannino “con fermezza” gli omicidi.
Mosul (AsiaNews) – La comunità cristiana irachena di nuovo nel mirino dei fondamentalisti islamici a Mosul: è di oggi la notizia della morte di un medico 65enne, Tariq Qattan, rapito nei giorni scorsi da una banda di terroristi e per la cui libertà, rivelano fonti di AsiaNews, la famiglia aveva già pagato un riscatto di 20mila dollari Usa. La somma di denaro non è però bastata per restituire la libertà a Tariq Qattan, uno dei tanti cristiani rapiti dai fondamentalisti per estorcere denaro.
Sempre a Mosul due giorni fa – ma la notizia è circolata solo oggi – è stato rapito e ucciso un altro cristiano, Nafi Haddad, per il quale non si sa ancora se sia stato pagato o meno un riscatto. A dispetto dei piccoli segnali di miglioramento che sembravano arrivare dall’Iraq, la comunità cristiana deve registrare altre violenze; Mosul è da tempo teatro di una vera e propria carneficina, che ha costretto oltre i due terzi dei fedeli a fuggire altrove in cerca di salvezza.
Grande il tributo di sangue versato dalla diocesi in questi ultimi anni, a partire dal tragico rapimento di mons. Paulo Farj Rahho, il cui corpo è stato rinvenuto privo di vita il 13 marzo scorso in un terreno abbandonato poco fuori la città. Durante l’agguato che ha preceduto il sequestro del presule sono morti i tre uomini che erano con lui e fungevano da scorta, massacrati dai terroristi.
Nel 2007 i morti registrati nella comunità cristiana irachena sono stati 47, di cui almeno 13 solo a Mosul: fra di loro ricordiamo p. Ragheed Gani trucidato il 3 giugno, e altri due preti.
Tra il 6 e il 17 gennaio di quest’anno, inoltre, si sono succeduti una serie di attacchi contro beni e proprietà cristiani, quando un’ondata di attacchi bomba ha colpito: la chiesa caldea della Vergine Immacolata, quella caldea di San Paolo, quasi distrutta, l’entrata dell’orfanotrofio gestito dalle suore caldee ad al Nour, una chiesa nestoriana e il convento delle suore domenicane di Mosul Jadida.
La fonte di AsiaNews a Mosul auspica che gli ultimi due omicidi vengano “condannati con forza” dalla comunità musulmana, che ha appena celebrato l’inizio del mese sacro del Ramadan. Barbarie compiute “in nome della religione” e che violano i precetti del Corano. “Per secoli la comunità cristiana ha contribuito in maniera fondamentale allo sviluppo dell’Iraq. È dovere dei musulmani rispettarla e proteggerla perché crediamo tutti in un unico Dio, come è scritto nel Libro Sacro”.
Sempre a Mosul due giorni fa – ma la notizia è circolata solo oggi – è stato rapito e ucciso un altro cristiano, Nafi Haddad, per il quale non si sa ancora se sia stato pagato o meno un riscatto. A dispetto dei piccoli segnali di miglioramento che sembravano arrivare dall’Iraq, la comunità cristiana deve registrare altre violenze; Mosul è da tempo teatro di una vera e propria carneficina, che ha costretto oltre i due terzi dei fedeli a fuggire altrove in cerca di salvezza.
Grande il tributo di sangue versato dalla diocesi in questi ultimi anni, a partire dal tragico rapimento di mons. Paulo Farj Rahho, il cui corpo è stato rinvenuto privo di vita il 13 marzo scorso in un terreno abbandonato poco fuori la città. Durante l’agguato che ha preceduto il sequestro del presule sono morti i tre uomini che erano con lui e fungevano da scorta, massacrati dai terroristi.
Nel 2007 i morti registrati nella comunità cristiana irachena sono stati 47, di cui almeno 13 solo a Mosul: fra di loro ricordiamo p. Ragheed Gani trucidato il 3 giugno, e altri due preti.
Tra il 6 e il 17 gennaio di quest’anno, inoltre, si sono succeduti una serie di attacchi contro beni e proprietà cristiani, quando un’ondata di attacchi bomba ha colpito: la chiesa caldea della Vergine Immacolata, quella caldea di San Paolo, quasi distrutta, l’entrata dell’orfanotrofio gestito dalle suore caldee ad al Nour, una chiesa nestoriana e il convento delle suore domenicane di Mosul Jadida.
La fonte di AsiaNews a Mosul auspica che gli ultimi due omicidi vengano “condannati con forza” dalla comunità musulmana, che ha appena celebrato l’inizio del mese sacro del Ramadan. Barbarie compiute “in nome della religione” e che violano i precetti del Corano. “Per secoli la comunità cristiana ha contribuito in maniera fondamentale allo sviluppo dell’Iraq. È dovere dei musulmani rispettarla e proteggerla perché crediamo tutti in un unico Dio, come è scritto nel Libro Sacro”.
lunedì 28 luglio 2008
lunedì 7 luglio 2008
martedì 20 maggio 2008
Per il Libano.
Signore, libera il Libano dai cattivi che non vogliono che esista più, ovunque essi siano.
E' un paese bellissimo, aiuta i libanesi.
E' un paese bellissimo, aiuta i libanesi.
mercoledì 7 maggio 2008
Evviva!
E' nata Anna Maria Sermarini, il 29 Aprile 2008, festa di Santa Caterina da Siena!
Evviva!
C'è, e poteva non esserci.
Evviva!
C'è, e poteva non esserci.
giovedì 3 aprile 2008
I cristiani iracheni scendono in piazza anche all'estero
Dalla Piana di Niniveh le marce pacifiche che chiedono giustizia per la morte di Rahho arrivano anche in Europa e in Canada. La gente vuole la riconciliazione: a Mosul studenti musulmani scrivono versi per il vescovo martire.
Noi Sermarini daremo sempre voce a questi nostri fratelli provati al fuoco.
Basta guardare le facce nella foto per avere un impeto di giustizia, grazie a Dio.
Roma (AsiaNews) – Arrivano anche in occidente le marce silenziose dei cristiani iracheni che chiedono giustizia per la persecuzione di cui sono vittime nella loro patria. Mentre tutti i giorni nei villaggi della Piana di Ninveh si continua a chiedere la verità sull’uccisione dell’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Faraj Rahho, anche in Olanda, in Germania e in Canada (vedi foto) gli emigrati iracheni scendono in piazza con striscioni e foto dei loro martiri. Alcuni manifestanti spiegano che ormai mons. Rahho è un “simbolo per tutti i cristiani” iracheni e non solo per la comunità caldea.
Intanto nel Paese dei due fiumi continuano quelli che sembrano veri e propri “omicidi mirati”, voluti per terrorizzare i cristiani e indurli alla fuga. Il 23 marzo, giorno di Pasqua, è morto in ospedale un giovane caldeo, Zahar Oshana, ricoverato dopo essere stato raggiunto da colpi d’arma da fuoco mentre usciva dalla parrocchia di S. Elia a Baghdad.
Al di là del terrorismo, la popolazione in Iraq vuole il dialogo e la riconciliazione. Un segnale arriva da Mosul. A marzo gli studenti musulmani dell’università cittadina hanno distribuito in tutte le facoltà volantini con una poesia scritta in onore del vescovo ucciso. La notizia, diffusa da Ankawa.com, parla di “versi contenenti sentimenti umani e sinceri per il martire Rahho”. Nel testo i giovani condannano anche la tragica situazione in cui versa Mosul, al 90 per cento nelle mani dell’estremismo sunnita.
Intanto nel Paese dei due fiumi continuano quelli che sembrano veri e propri “omicidi mirati”, voluti per terrorizzare i cristiani e indurli alla fuga. Il 23 marzo, giorno di Pasqua, è morto in ospedale un giovane caldeo, Zahar Oshana, ricoverato dopo essere stato raggiunto da colpi d’arma da fuoco mentre usciva dalla parrocchia di S. Elia a Baghdad.
Al di là del terrorismo, la popolazione in Iraq vuole il dialogo e la riconciliazione. Un segnale arriva da Mosul. A marzo gli studenti musulmani dell’università cittadina hanno distribuito in tutte le facoltà volantini con una poesia scritta in onore del vescovo ucciso. La notizia, diffusa da Ankawa.com, parla di “versi contenenti sentimenti umani e sinceri per il martire Rahho”. Nel testo i giovani condannano anche la tragica situazione in cui versa Mosul, al 90 per cento nelle mani dell’estremismo sunnita.
giovedì 27 marzo 2008
Italia- Scozia secondo Pier Giorgio
"Sabato 15 Marzo sono andato a Roma con mio padre per vedere la partita dell'Italia di rugby contro la Scozia. La mattina mi sono alzato presto, mi sono preparato e poi siamo partiti.
Durante il viaggio ho ascoltato della musica e ho giocato con il game-boy.
Quando siamo arrivati a Roma abbiamo fatto pranzo con i panini e poi siamo andati a piedi fino al Flaminio. Qui abbiamo girato per le bancarelle e abbiamo comprato l'antistress ed una maglia per due miei amici.
Finalmente all'una e mezza siamo entrati nello stadio dove ci siamo incontrati con dei nostri amici e ci siamo seduti. Mentre aspettavamo che iniziasse la partita i giocatori si allenavano. Dopo mezz'ora i giocatori sono entrati ufficialmente in campo hanno cantato gli inni. Quando è iniziata la partita ero emozionato perché vedevo dal vivo i giocatori.
Prima siamo passati in vantaggio con una meta del pacchetto di mischia. Poi gli avversari hanno recuperato e sono passati in vantaggio.
Finito il 1° tempo ho giocato insieme ai miei amici con la palla che mi ero portato. Quando è iniziato il 2° tempo c'è stato un calcio e ua meta di Gonzalo Canale e una corsa del mio idolo, il capitano Parisse. All'ultimo minuto, sul 20 a 20, Marcato, l'idolo di mia madre, ha fatto un drop e siamo passati in vantaggio. Alla fine abbiamo vinto 23 a 20!
Al termine della partita i giocatori hanno fatto un giro di campo per salutare i tifosi.
A me è piaciuto molto questo viaggio perché ho visto dal vivo i miei giocatori di rugby preferiti e perché sono stato con mio padre e i miei amici. E' stata un'occasione unica essere allo stadio, anche perché l'Italia ha vinto splendidamente e ha giocato proprio bene!".
Pier Giorgio Sermarini
mercoledì 19 marzo 2008
martedì 11 marzo 2008
martedì 4 marzo 2008
Elvira, Pier Giorgio e la bandiera
Una cara vecchina, Elvira Passamonti, qualche giorno fa è passata a miglior vita, carica d'anni e di fede.
Elvira aveva conosciuto, durante la sua lunga vita, Pier Giorgio Frassati.
E' sempre stata una fan sfegatata dei Tipi Loschi, e finché ha potuto, ha partecipato a diversi nostri gesti e incontri.
La ricordiamo tutti presente all'incontro con don Primo Soldi nel lontano 1995.
Comprò anche una delle nostre magliette, e la regalò a suo figlio, che ogni tanto incontriamo con la faccia di Pier Giorgio indosso.
Prima di morire, Elvira ha chiesto una piccola cosa: che fossero presenti al suo funerale i Tipi Loschi con la loro enorme bandiera su cui campeggia la faccia allegra di Pier Giorgio.
Sabato al funerale c'erano Tipi Loschi e bandiera.
Elvira avrà incontrato sulla porta del Paradiso proprio Pier Giorgio, che le avrà teso la mano e l'avrà portata un po' a spasso con sé, che è pratico di lì, oltre che di montagna... Chissà che bell'incontro e chissà ora quanto ci aiuterà la cara Elvira. Che Dio l'abbia in gloria!
Una storia quasi guareschiana... molto bella.
giovedì 28 febbraio 2008
venerdì 22 febbraio 2008
Una domenica a Roma, tra Piazza San Pietro e il Flaminio...
Giulia e io in piazza san Pietro dal Papa
I miei campioni sugli spalti del Flaminio (forti, eh?)
David Bortolussi, estremo dell'Italia,
negli ultimi minuti di preparazione che hanno preceduto la partita Italia - Inghilterra
Mirko Bergamasco, tre quarti ala dell'Italia.
Johnny Wilkinson, mediano d'apertura della Nazionale Inglese, temibile campionissimo con all'attivo 1009 punti...
In completo blu il neo allenatore della Nazionale italiana,
Nick Mallett, anglosudafricano dal cognome francese (il nonno...)
Gli italiani acclamati dal pubblico
al termine di una partita giocata con coraggio anche se persa per soli quattro punti
Pier Giorgio e io in piazza San Pietro dal Papa
Il 10 Febbraio 2008 siamo stati a vedere Italia - Inghilterra a Roma, per il Torneo delle 6 Nazioni di rugby. Eravamo Pier Giorgio, Giulia (due dei miei figli) ed io. Ecco che dicono loro:
Giulia
La partita di rugby Italia - Inghilterra
Il 10 febbraio sono andata a Roma. Appena siamo arrivati, io, papà e mio fratello siamo andati in Piazza San Pietro per incontrare il Papa. Finito l'Angelus, siamo andati al Flaminio, uno stadio di rugby. Lì abbiamo preso posto per vedere Italia - Inghilterra. Abbiamo iniziato bene la partita. Noi potevamo vederla bene: perché eravamo ai primi posti. Abbiamo fatto due bei calci. Nel secondo tempo abbiamo fatto quattro calci e una meta e da sei punti siamo arrivati a diciannove. Peccato che abbiamo perso, ma il gioco del rugby ci insegna ad essere tanto amici.
Pier Giorgio
Perché mi piace il rugby.
Il rugby è fantastico! A me piace perché è uno sport nobile, senza imbrogli e si gioca lealmente. Vedere una partita di rugby è veramente entusiasmante perché non si sa mai chi vince o chi perde. I giovani si battono in modo energico e il contatto fisico è violento! Questa è la caratteristica che mi affascina di più. Quando giocano sotto la pioggia la partita diventa molto divertente perché quando i giocatori fanno meta scivolano e si sporcano tutti. Insomma, il rugby per me riassume un po' tutti gli sport e questa è una cosa strafantastica!
giovedì 14 febbraio 2008
mercoledì 30 gennaio 2008
Pier Giorgio è mio figlio e ama raccontare sin da quando era piccolissimo ciò che vede e vive.
Ecco la cronaca della gita che abbiamo fatto tempo fa.
Sabato 19 Gennaio sono partito con mio padre per andare a vedere la partita di Rugby Benetton Treviso contro London – Irish. Sabato ci siamo svegliati indaffarati per la partenza. Una volta pronti abbiamo preso la 147 di mio padre e abbiamo accompagnato le mie sorelle, Francesca e Giulia, a scuola. Presa l’autostrada, abbiamo recitato il rosario e poi abbiamo ascoltato la musica.
Prima di Padova, c’era una nebbia molto fitta, il Tom Tom (navigatore satellitare) ci ha fatto sbagliare strada, ma seguendo le indicazioni siamo arrivati lo stesso a Treviso. Qui abbiamo preso lo zio di mia mamma, Mario. Egli ci ha guidato fino allo stadio che era abbastanza vicino, qui abbiamo parcheggiato e ritirato i biglietti che avevamo comprato via internet. Mentre stavamo per entrare, una cosa ci ha paralizzato: abbiamo incontrato Alessandro Troncon, ex giocatore della nazionale di rugby.
Siamo entrati nella tribuna laterale coperta e abbiamo visto con trepidazione la partita, vinta da London Irish 24 a 11, ma la Benetton ha fatto una meta spettacolare.
Finita la partita, siamo andati a casa da zia Matilde, zio Mario e zia Dora e li ho giocato a Rugby nel giardino. Dopo un po’ siamo partiti per Chioggia e abbiamo preso la stanza nell’ostello del nostro amico Lolli a casa del quale siamo andati a mangiare. Dopo cena sono arrivati Gigi e suo figlio Gabriele nostri carissimi amici.
Il giorno dopo siamo partiti per Ravenna per vedere i suoi famosi mosaici. Abbiamo visitato la Chiesa di Sant’Apollinare Nuovo,
la tomba del poeta Dante e la Chiesa di San Vitale dove c’era un mosaico dorato.
Infine abbiamo visitato la Chiesa di Sant’Apollinare in Classe. Una volta partiti, abbiamo preso la famosa strada Romea, che si chiama cosi perché porta a Roma.
Arrivati ad Osimo babbo ed io abbiamo giocato a Rugby e sentito la messa in latino nella Chiesa di Campocavallo.
A me è piaciuto fare questo viaggio perché sono stato con babbo.
Pier Giorgio Sermarini
lunedì 21 gennaio 2008
Il Papa e la Sapienza - un giudizio
Mi dispiace per tutto quello che è successo al Papa in questi giorni. Ho pensato: chissà quanti mal di pancia, povero Papa nostro, Lui che è un uomo buono e mite (persone mie amiche che lo conoscono molto bene me lo hanno tutte descritto così, e comunque si vede! Ha lo sguardo innocente anche a ottant'anni e che Dio ce lo conservi per lunghi anni ancora).
Non è stato facile sapersi comportare, ed è stato grandissimo.
Personalmente credo che questo polverone, partito in sordina mesi fa, sia stato causato proprio dalla stampa ostile al Papa e ai cattolici, prima ancora che dai sessantasette professori e dal manipolo sparuto di studenti anticattolici (laici, laicisti, atei... chiamateli come vi pare: ce l'hanno col Papa, con la Chiesa Cattolica e con noi, punto e basta, poi ci sarebbe altro da dire, ma la sostanza è questa).
Quella petizione, o documento, contro il Papa era finita quasi nel dimenticatoio, da quello che ho capito. Poi qualcheduno ha pensato bene di riesumarla.
Oggi è patetico che di fronte al macello successo tutti dicono di essere solidali col Papa, salvo quei sessantasette, gli studenti settari, Marco Pannella, Eugenio Scalfari, il Sindaco di San Benedetto del Tronto che è la mia città (questo mi fa capire molte cose) e pochi altri, quando Repubblica e Corriere hanno tirato su un tale brodetto (alla sambenedettese, mi verrebbe da dire...) che oggi fare finta di niente è davvero paradossale.
Sembra che sia stato qualcun altro. Che buffo! Quando si sono accorti di essere stati assurdi, è stato come coi bambini con le manine sporche di marmellata che dicono: è stato lui, a quello vicino.
Poi tutte le finte polemiche sui politici in piazza San Pietro: Dio sa cosa avevano in mente nel farlo, e pensare che il gesto non fosse opportuno perché qualcuno poteva strumentalizzarlo è una considerazione da "anime belle" che non serve a niente e che ha come risposta il motto della Società Chestertoniana Italiana: se una cosa vale la pena di farla, vale la pena di farla male (con la considerazione ulteriore che questa invece è stata fatta pure bene, quindi...).
Quei duecentomila (la faccenda è stata organizzata in tre giorni praticamente col tam tam, datecene altri tre e saremo il doppio e pure di più, giusto per capirci) stanno a testimoniare che ci siamo e che comunque dovranno fare i conti anche con noi, che non staremo a guardare il diavolo, la ragione finta, l'ideologia impadronirsi dell'Italia e delle capocce degli italiani, che ci saranno altri diecimila occasioni come questa, come il referendum sulla legge 40, come il Family Day e come miliardi di altre ancora, più spicce e più personali, in cui diremo che siamo cattolici e che per noi esserlo conta.
Viva il Papa, nunc et semper!
Marco Sermarini
Festa nazionale dedicata a sir Hillary e al monte Everest
Deve aver lasciato un grande segno sir Edmund Hillary.
Aveva la faccia di un uomo buono.
Il governo proclamerà festa il 29 maggio, giorno in cui Hillary e Tenzing scalarono l’Everest. A loro dedicato anche un aeroporto. Continuano le celebrazioni per ricordare non solo l’impresa, ma anche e soprattutto l’opera di Hillary a favore della popolazione locale. Articolo da Asianews di Kalpit Parajuli. Kathmandu (AsiaNews) – Il 29 maggio, giorno in cui Sir Edmund Hillary e Norgay Tenzing hanno per la prima volta conquistato la vetta più alta del mondo, sarà il Giorno internazionale dell’Everest. Prithivi Subba Gurung, ministro nepalese per Cultura, turismo e aviazione civile, proporrà al Gabinetto dei ministri la nuova festa nazionale e di cambiare il nome dell’aeroporto Lukla, unico scalo della zona per accedere all’Everest, in Aeroporto Tenzing-Hillary. Il neozelandese Sir Hillary, morto lo scorso 11 gennaio a 88 anni, ha anche contribuito allo sviluppo sociale del popolo Sherpa di Khumbu, che ne piange la perdita. Il premier neozelandese Helen Clark ha detto che continuerà l’opera di Hillary. Elizabeth Hawley, console neozelandese in Nepal e anche responsabile dell’Himalayan Trust, ha espresso ad AsiaNews “soddisfazione per le decisioni del governo nepalese che vogliono commemorare Hillary”. L’Himalayan Trust è stato fondato da Hillary ed è sostenuto da gruppi di molte Nazioni, soprattutto Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Germania. Segue numerosi programmi sanitari, culturali, educativi, ambientali e di altro tipo. Anche il Nepal Tourism Board e l’Associazione degli agenti di viaggio del Nepal (Taan) stanno celebrando in varie forme il loro cordoglio. Jyoi Adhkari, presidente del Taan, propone al governo di istituire un premio Hillary-Tenzing, riservato a chi opera per far conoscere e preservare le montagne nepalesi.
E' morto sir Edmund Hillary, l'uomo che per primo conquistò l'Everest.
Di solito ciò che mi affascina è la fede cattolica e quello che riesce a far fare. Ma ho anche simpatia per tante cose di cui non conosco sempre la ragione profonda ma che scorgo nella loro verità. Queste due facce mi hanno molto appassionato. Non credo che volessero fare un'impresa titanica, ma dare un gusto buono alla loro vita e cercare e trovare un po' di Verità. Hanno delle belle facce. L'altra sera ho visto una specie di documentario dove si vedeva il figlio di Hillary che ha ripetuto l'impresa del padre (oggi sembra però sia diventata molto più alla portata dei meno esperti, ci sono tratti con corde fisse, e così via) cui collaborava anche il figlio di Tenzing Norgay. E' stato bello vedere il figlio di Hillary che telefonava all'anziano babbo col telefono satellitare e commosso gli comunicava che era arrivato là in cima come lui, e il babbo che si complimentava come farei io con uno dei miei piccoli figli. E' bello, no?
Il protagonista dell’avventura più grande del XX secolo era una personalità modesta, umile e generosa. La sua associazione ha aiutato per quasi 60 anni a costruire scuole, ospedali, strade in Nepal.
Dalla grande Asianews.
Auckland (AsiaNews/Agenzie) – È stato il primo uomo al mondo a scalare gli 8.850 metri dell’Everest; è morto stamane nell’ospedale di Aukland all’età di 88 anni. L’eroe neozelandese, guardato da tutti come l’uomo che ha vissuto la più grande avventura del XX secolo, sarà ricordato anche per il suo impegno a favore della popolazione del Nepal. L’associazione da lui fondata, l’Himalayan Trust, ha aiutato in questi anni a costruire ospedali, dispensari, scuole, ponti e piste di atterraggio in Nepal. Per questo suo generoso lavoro, nel 2003 Sir Edmund è stato insignito della cittadinanza onoraria in Nepal. Nato ad Auckland il 19 luglio 1919, dopo essersi esercitato sulle montagne del suo Paese, egli ha tentato nel ’53 la scalata all’Everest con un gruppo guidato dall’inglese John Hunt. Prima di loro altri 7 gruppi avevano fallito. Durante l’ascesa, tutti i partecipanti sono rimasti bloccati per mancanza di ossigeno, stanchezza, cattivo tempo. Solo sir Edmund e lo sherpa Tenzing Norgay sono riusciti a giungere sulla vetta, conquistata il 29 maggio 1953. Fino alla morte di Tenzing, nel’86, Hillary , un tipo brusco e modesto, non aveva mai ammesso di essere stato il primo a salire sulla vetta, affermando sempre che la scalata era stata fatta dalla coppia. In un suo libro, scritto nel ’99, egli racconta gli ultimi passi della conquista: “A un certo punto arrivo su un’area pianeggiante, esposta alla neve, null’altro che spazio in ogni direzione…. Tenzing veloce mi raggiunge e insieme guardiamo meravigliati. Con immensa soddisfazione ci accorgiamo che abbiamo raggiunto il tetto del mondo”. Sir Edward – che per la sua avventura divenne cavaliere ricevendo dalla regina Elisabetta II l’Ordine della Giarrettiera – non ha mai dimenticato il Nepal. Grazie all’associazione da lui fondata nel ’62, ha potuto aiutare e finanziare progetti educativi, sanitari, ecologici per circa 250 mila dollari all’anno. Bhoomi Lama, del Nepal Mountaneering Association, il gruppo che raccoglie gli Sherpa, lo ricorda così: “È stato un eroe e un leader per tutti noi. Ha fatto così tanto per la gente della regione dell’Everest e rimarrà sempre presente nei nostri cuori”. Sir Edmund ha anche partecipato a delle spedizioni nell’Antartico. Per comprendere la sua personalità, vale la pena ricordare la sua polemica nel 2006 alla notizia che uno scalatore dell’Everest, David Sharp era stato abbandonato a morire sulla montagna, mentre i suoi compagni continuavano la spedizione. “La vita umana – è il suo commento – è molto più importante che giungere su una vetta”. Il governo della Nuova Zelanda sta preparando per lui i funerali di stato. In Nepal gli Sherpa gli vogliono dedicare un museo e una statua.
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