domenica 24 novembre 2024

Frammenti della mia filosofia - 68 - Mi preoccupa ciò che è diventato un bambino.



Ora sono in uno stato in cui mi sento un mostruoso ciarlatano, come se indossassi una maschera e fossi imbottito di cuscini, ogni volta che vedo qualcosa sul G. K. C. pubblico; mi fa male, perché anche se le opinioni che esprimo sono reali, l'immagine è terribilmente irreale rispetto alla persona reale che ha bisogno di aiuto in questo momento. Ho la stessa vanità di chiunque altro riguardo a questi successi superficiali mentre si verificano; ma non sento mai per un momento che essi influenzino la realtà del fatto che io sia completamente marcio o meno; così che qualsiasi commento pubblico sulla mia posizione religiosa sembra come un vento dall'altra parte del mondo; come se riguardasse qualcun altro - come in effetti è. Non mi preoccupa un grosso uomo grasso che appare sulle piattaforme e nelle caricature; anche quando si diletta in dibattiti su quello che io ritengo essere il giusto. Mi preoccupa ciò che è diventato un bambino a cui il padre mostrava un teatro giocattolo, e uno scolaro che nessuno ha mai sentito nominare, con il suo rimuginare su dubbi, oscurità e sogni a occhi aperti, con una coscienza grossolana così incoerente da sfiorare l'ipocrisia; e tutta la vita morbosa della mente solitaria di una persona viva con cui ho vissuto. È questa storia, che così spesso ha rischiato di finire male, che voglio che finisca bene. 

Gilbert Keith Chesterton, da una lettera a mons. Ronald Knox poco prima della sua conversione al cattolicesimo, in Dudley Barker, G. K. Chesterton: A Biography, New York, Stein & Day, 1973.

Questo brano si accorda perfettamente con quest'altra citazione, sempre di Chesterton:



Ritorno a Giacomino - Mettiamo La quiete dopo la tempesta per intero.




Tempo fa, un paio di mesi fa, presi per scusa un'immaginetta trovata su internet per parlare della poesia La quiete dopo la tempesta di Giacomo Leopardi:


Esprimevo con un certo trasporto il mio pensiero su questo bel canto leopardiano, che inizia strepitosamente e finisce male. Con la stessa riserva immutata ed immutabile la pubblico per intero, invitando a leggere quel mio commento dopo aver letto la poesia. Non l'avevo mai pubblicata per intero, e allora ritengo valida cosa farlo. Vorrei sempre che ognuno di noi con le unghie e con i denti tenesse alla visione da cui trae origine la prima parte della poesia, perché una tale fedeltà salverebbe tutto. Il Padre Eterno ama questa fedeltà e ne rimane toccato e ne fa seguire miracoli. Ma ci torno.

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Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L’artigiano a mirar l’umido cielo,
Con l’opra in man, cantando,
Fassi in su l’uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua
Della novella piova;
E l’erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passegger che il suo cammin ripiglia.

Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand’è, com’or, la vita?
Quando con tanto amore
L’uomo a’ suoi studi intende?
O torna all’opre? o cosa nova imprende?
Quando de’ mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d’affanno;
Gioia vana, ch’è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.

O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
E’ diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D’alcun dolor: beata
Se te d’ogni dolor morte risana.

domenica 3 novembre 2024

Frammenti della mia psichiatria (non li conto da principio ché è meglio) - Non trovo noioso mai niente.

Questo aforisma di Chesterton rispecchia esattamente una delle parti più devastate della mia psiche. Il guaio è che, pur sapendo che chi deve subire quest'attitudine soffre, non riesco ad emendarla, sia nel senso che non gliela faccio, sia nel senso che proprio non intendo emendarla. Uomo avvisato...

Marco Sermarini

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Quando mi fu suggerito per la prima volta di andare a Roma e in qualche modo fare una cronaca delle nuove trasformazioni in atto su quell’antico palcoscenico, spiegai con franchezza che sono un pessimo cronista, proprio come sono un pessimo recensore. E questo non succede minimamente perché io ritenga noioso fare cronache e recensioni, ma perché ci trovo troppa roba interessante e possiedo troppo poco delle interessantissime qualità che richiedono: le qualità della selezione e della concentrazione. Sono un cattivo cronista perché qualunque cosa mi pare degna di essere riferita; e un cattivo recensore perché ogni frase in ogni libro mi suggerisce un articolo dedicato. Posso dire onestamente, come impressione generale delle cose, che non trovo noioso mai niente; ma un libro che descrivesse la scoperta che niente è noioso potrebbe risultare davvero noiosissimo.

Gilbert Keith Chesterton, La resurrezione di Roma.


Poscritto del 23 novembre 2024 (faccio come i cornuti e ci ripenso): io sono messo peggio! Non troverei noioso nemmeno il libro che descrivesse la scoperta che niente è noioso...