Madonna con Bambino e Santi Pietro Apostolo, Giovanni Battista, Rocco e Antonio da Padova.
1579.
Figlio di Giovanni Andrea, nacque a Caldarola (prov. di Macerata) nel 1538. Pittore e stuccatore, la sua attività si svolse per la maggior parte all'interno del territorio marchigiano, per una committenza costituita da piccole confraternite, Ordini monastici e Comunità locali.
Legato alla cultura manieristica, egli ne è uno dei più interessanti rappresentanti marchigiani. La sua pittura risente di suggestioni lottesche: dell'artista veneziano accoglie il senso della luce e del colore facendosene il mediatore fino alle soglie del Seicento.
A quindici anni fu presentato dallo zio, Durante Nobili, a Lorenzo Lotto (Libro delle spese ..., p. 173), ma rimase presso di lui solo otto giorni, probabilmente perché attratto dalle novità romane portate da P. Tibaldi presente nello stesso anno a Loreto. Il primo esordio è accanto al padre a Vestignano nei misteri che circondano la Natività (1553), quindi a Ripatransone nella Madonna e santi (1559) della chiesa di S. Michele. Nel decennio 1560-70 firmò insieme al fratello Giovan Francesco alcune opere in cui si mescolano un generico ecclettismo e l'ascendenza zuccaresca. Caratteri che si riscontrano nell'Assunzione della Pinacoteca civica di Camerino firmata nel 1562, nella Crocefissione (1565) per la chiesa del Gonfalone ad Esanatoglia, nell'Adorazione dei magi del 1566 e nella Lapidazione di s. Stefano del 1569, ambedue della chiesa di S. Francesco a Matelica, mentre negli affreschi della cappella della Passione, dipinti nello stesso anno nel chiostro della medesima chiesa, momenti di misticismo visionario preannunciano una revisione lottesca. Dal 1560 iniziò a firmare da solo e fino al 1580 si impegnò soprattutto nel recupero di esperienze diverse da Raffaello a Lotto, da Tibaldi e Daniele da Volterra agli Zuccari, dai primi manieristi toscani alle stampe nordiche. Nel 1570 firmò una Natività per la chiesa di S. Agostino a Fabriano, oggi nella Pinacoteca di quella città; nel 1574 per la chiesa di S. Rocco a Ripatransone firmò la Madonna e santi e nello stesso anno per la chiesa di S. Pietro in Castello ad Ascoli Piceno la Madonna con Bambino e santi;nel 1575 per la collegiata di S. Ginesio una Madonna del Rosario e nello stesso anno a Potenza Picena per la chiesa dei cappuccini una Madonna con Bambino e santi, e l'anno dopo, la Deposizione dalla Croce, con la quale consacrò la sua adesione al manierismo controriformato romano (F. Aliberti Gaudioso, in Mostra di opere d'arte restaurate [catal.], Urbino 1966, pp. 30 s.; Id., in Mostra... [cat.], ibid. 1967, pp. 31 s.).
Nel 1577 a Montefortino per la chiesa di S. Francesco firmò una Madonna del Rosario. Incaricato nel 1580 di dipingere gli archi trionfali ad Ascoli Piceno per le accoglienze al cardinal legato Sforza, nel 1580-82 eseguì la decorazione a stucco e ad affresco dell'abside del santuario di Macereto (Macerata); intanto nel 1581 per la chiesa di Aschio a Visso dipinse una Madonna del Rosario. Nel 1583 per la chiesa di S. Oreste a Casavecchia (Camerino) firmò un'altra Madonna del Rosario, e l'anno dopo per la chiesa di S. Giovanni Battista ad Appignano la Discesa dello Spirito Santo (Rossi, 1970, p. 152) e per la chiesa di S. Antonio e S. Caterina a Potenza Picena una Madonna con Bambino e santi. Negli anni seguenti la composizione si formalizzò, assumendo una rigidità iconica in cui vennero riassorbiti i precedenti sia romani sia lotteschi mentre si assiste al recupero di una certa astrazione di ascendenza neogotica. Così nella Madonna con Bambino, s. Andrea e s. Giacomo del battistero di Osimo firmata nel 1585, nella Madonna con Bambino e santi del Museo dell'Opera della basilica di S. Nicola a Tolentino e nella Madonna del Rosario (1588) della chiesa di S. Domenico ad Ascoli Piceno, oggi esposta nella Pinacoteca di quella città. In questo periodo si ipotizza un viaggio dei D. a Roma sotto la protezione del card. Evangelista Pallotta di Caldarola, suo mecenate, dal 1589 prefetto della Fabbrica di S. Pietro.
Al 1588 risalgono gli affreschi della chiesa dei Ss. Martino e Giorgio a Vestignano (Assunzione della Vergine, Crocefissione e Cristo risorto e santi), e al 1590 c., per il card. Pallotta, la decorazione a stucchi e affreschi dell'abside della chiesa di S. Martino a Caldarola e la tela con il Transito di s. Martino, che lo indicano quale epigono di quella fiammata mistica che aveva visto convergere a Roma il De Vecchi ed El Greco. Per il card. Pallotta più tardi eseguì la decorazione dei palazzo di Caldarola, oggi sede comunale, portata a termine con aiuti (probabilmente i figli Solerzio e Federico), di cui vanno sottolineati lo Stanzino del Paradiso e la scena con il Sogno di Costantino nella prima sala, nonché le due scene raffiguranti la Sosta di papa Clemente VIII a Caldarola durante il suo viaggio a Ferrara (1598); per il medesimo committente dipinse alcune sale del castello Pallotta, sempre a Caldarola.
Al 1590 risale l'Allegoriadei tre Regni per la chiesa di S. Maria della Rocca di Offida (oggi nel Municipio di quella città), firmata insieme al figlio Solerzio, così come la Natività della chiesa di S. Maria della Carità ad Ascoli Piceno, ora nella collezione Zeri a Mentana. A questo stesso periodo appartengono i pannelli d'organo della chiesa di Force (Ascoli Piceno), raffiguranti le Storie della Vergine, eil Ritrattodi poetessa dicollezione privata di Firenze. Nel 1592 firmò una Madonna del Rosario per la chiesa di S. Domenico ad Ascoli Piceno. Il recupero del mondo nordico caratterizza i dipinti degli ultimi anni: la Pietà del 1594 della Pinacoteca di San Ginesio (Macerata), l'Ultima Cena, firmata nel 1598, per la collegiata di San Ginesio e nella stessa chiesa la Crocefissione e l'Andata al Calvario (cfr. Rossi, 1970, pp. 147-151). Fra il 1598 ed il 1607 eseguì gli affreschi dell'abside della chiesa di S. Benedetto a Fabriano con le Storie della vita di s. Romualdo. Intanto, nel 1606, ad Ascoli Piceno dipinse una pala d'altare contornata di stucchi, oggi dispersa, per la chiesa di S. Maria della Carità, chiesa dove lavorava ancora agli stucchi nel 1610 (Fabiani, 1959, pp. 251 s., 358). Nel 1607., per la chiesa di S. Francesco a Sarnano, firmò un'Ultima Cena, e l'anno seguente, insieme coi figlio Solerzio, la Madonna e santi oggi nella Galleria nazionale delle Marche di Urbino.
Si fa risalire al 1611 l'anno della morte del pittore, visto che il 6 genn. 1612 la pala con l'Assunta, che si era impegnato a dipingere nel 1610 per S. Maria della Carità ad Ascoli Piceno, venne commissionata al pittore Gianandrea Urbani di Urbino (Fabiani, 1959, pp. 251 s.).
Di suo figlio Solerzio non si conoscono le date di nascita e di morte. Firmò col padre nel 1590 l'Allegoria dei tre Regni del Municipio di Offida (Ascoli Piceno), nello stesso anno la Natività della collezione Zeri di Mentana, nel 1608 la Madonna e santi della Galleria nazionale delle Marche di Urbino; il 16 nov. 1611 firmò una quietanza anche a nome del fratello Federico per lavori fatti nella cappella del Crocefisso nella chiesa di S. Angelo di Ascoli (Fabiani, 1959, p. 357). Nel 1598 collaborò probabilmente alla decorazione delle stanze del palazzo Pallotta e del castello a Caldarola.
[dall'Enciclopedia Treccani, voce a cura di Rosanna Petrangolini Benedetti Panici, Dizionario Biografico degli Italiani, volume 38 (1990)].
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