domenica 17 dicembre 2023

Ancora una volta propongo questa bellissima foto dei Magnifici Sette.


Da sinistra a destra: Chris Adams (Yul Brinner), Vin (Steve McQueen), Chico (Horst Buchholz), Lee (Robert Vaughn), Bernardo O'Reilly (Charles Bronson), Harry Luck (Brad Dexter), Britt (James Coburn), cioè I Magnifici Sette, The Magnificent Seven, i protagonisti di uno dei miei film preferiti.

Il film si ispira espressamente (è scritto nei titoli iniziali a chiare lettere) ad un altro capolavoro, I sette samurai di Akira Kurosawa, ambientato nel Giappone dei samurai, che racconta la storia di un villaggio di contadini che, attraverso alcuni suoi rappresentanti, assume dei Rōnin (samurai senza padrone) per difendersi dai continui saccheggi di un gruppo di briganti.

Come ho già detto in altri post su questo mio blog personale, è proprio una bella storia: c'è di mezzo il coraggio, c'è la solidarietà, c'è il sacrificio, c'è l'eroismo semplice, il tutto concentrato in sette uomini piuttosto originali come in realtà lo è ciascuno di noi, che diamo il meglio di noi quando le circostanze lo suggeriscono e ciascuno di noi risponde, a proprio modo.

Un film che risveglia il senso di giustizia e di affetto verso chiunque incarni un poveraccio che va difeso dalla violenza e dalla prevaricazione, dall'ideologia e dal vuoto totale. 

A casa mia piace sempre (e voi direte: e chi se ne...? e io rispondo: però sappiatelo, a casa ci sentiamo tutti un po' Magnifici Sette, meglio non scherzare, meglio non fare casino con noi... 😉).


Frammenti della mia filosofia - 47 - Senza lasciarsi abbattere dalla tristezza o ferire dal risentimento.


Insieme con la fame e la sete, con il freddo e la nudità, pativano tribolazioni e sofferenze di ogni sorta. Ma tutto sopportavano con imperturbabile pazienza, secondo l'ammonizione di Francesco, senza lasciarsi abbattere dalla tristezza o ferire dal risentimento, senza rivolgere male parole a chi li affliggeva. Al contrario, da perfetti uomini evangelici, messi nell'occasione di realizzare grandi guadagni spirituali, esultavano nel Signore ritenendo una felicità l'essere esposti a tali prove e durezze; e, fedeli alla parola del Vangelo, pregavano solleciti e ferventi per i loro persecutori.


Leggenda dei Tre Compagni, X, 40 (Fonti Francescane, 1444)

venerdì 15 dicembre 2023

Qualche idea per svegliare il dibattito sulla libertà di educazione.

 

Le scuole parentali: nucleo del vero cambiamento

Una mia risposta al saggio del prof. Paolo Terenzi sul tema "Libertà di educazione", scritto per il substack "Lisander", nato dalla collaborazione tra la rivista Tempi e l'Istituto Bruno Leoni.


https://lisandermag.substack.com/p/le-scuole-parentali-nucleo-del-vero


Un momento di vita della Scuola Libera
G. K. Chesterton, la premiazione del
Concorso Chesterton 2023.

giovedì 14 dicembre 2023

Quoniam qui converti fecerit peccatorem ab errore viæ suæ, salvabit animam ejus a morte.

Fratres mei, si quis ex vobis erraverit a veritate, et converterit quis eum: scire debet quoniam qui converti fecerit peccatorem ab errore viæ suæ, salvabit animam ejus a morte, et operiet multitudinem peccatorum.

Epistola Jacobi, 5

Fratelli miei, se qualcuno tra voi devia dalla verità e un altro lo riconduce [nel retto cammino], deve sapere che chi ritrae un peccatore dall'errore della sua via, salverà l'anima di lui dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.

Lettera di San Giacomo, 5

domenica 19 novembre 2023

Tre gassose.

Eccola com'era...!


Estate, forse dell'anno 1970, massimo 1971. San Benedetto del Tronto, la mia bella città, in estate è splendida e sempre piena di sole. Giugno, luglio, agosto, ho solo ricordi di giornate inondate di sole e di luce che accende i colori, mare azzurro, sabbia calda, palettina e secchiello.

Il rituale era semplice: partivamo da casa a piedi, da via Carducci 29, e raggiungevamo la stazione ferroviaria, non troppo distante. Lì prendevamo il bus urbano, che mia madre ancora chiamava "il postale". Era verde, mi pare che la ditta che faceva il servizio si chiamasse Romanelli. Mi piaceva quell'ondeggiare appesi al palo, e il campanello che mamma suonava per ricordare all'autista la nostra fermata. Il bigliettaio con la borsa di cuoio nero, la camicia azzurra e il berretto, bello in carne, incastrato in quella specie di scranno da cui distribuiva pacifico i bigliettini. 

Andavamo allo stabilimento "Il Delfino", sottotitolato in sambenedettese "Lu Talafé". Avevamo l'ombrellone e la cabina, arrivavamo e mamma mi diceva: "Aspetta un po' prima di farti il bagno...". Mai capita la ragione di quest'attesa, ma comunque rendeva il bagno più - appunto - atteso. So che oggi è una cosa sconosciuta e incomprensibile ai più. Finalmente arrivava l'ora del bagno, tuffi, giochi con la sabbia, tuffi ancora, e poi si usciva, asciugamano, cambio del costumino, pizzetta bianca e gassosa.

La gassosa era ovviamente la gassosa Roncarolo, prodotta a San Benedetto del Tronto dalla ditta di colui che fu uno dei più rispettati presidenti della Sambenedettese Calcio. Ricordo le bottiglie trasparenti, le prime erano rigate all'esterno, con la scritta impressa sul vetro, poi più avanti divennero lisce. È facile dire che oggi mi sembra di risentirne il sapore. Con la cannuccia d'ordinanza (erano incartate e speravo sempre mi capitasse il colore preferito), era il momento più bello della mattina passata al mare, poco prima di andare a casa per il pranzo.

La gassosa la compravamo al mare, allo stabilimento, costava cinquanta lire credo. Si andava vicino alle cabine dove c'era un frigorifero a pozzetto di quelli alimentati da quelle colonne di ghiaccio che una volta si fabbricavano vicino al porto, quindi non azionati elettricamente. C'era un ombrellone o una specie di tettoia, e lì c'era lui, l'Unglesë.

Questo nome stava scritto in piccolo in un angolo del già citato cartello dello stabilimento: "Da l'Unglesë".

"Da L'Unglèsë" e "Lu Talafé" davano un senso di esotico a tutto, per me bambino. La persona citata merita poi un discorso a parte.

L'Unglesë doveva essere un marinaio in pensione. Per me era alto, non so quanto lo fosse veramente, e la sua figura torreggiava burbera sulla spiaggia. Pantaloncini corti di tipo militare beige scoloritissimi tanto da sembrare un reduce di El Alamein, canottiera di lana scura tutta l'estate (mamma la chiamava "la majë dë la salótë", la maglia della salute... mah), pelle raggrinzita del colore del cuoio, stempiato, la bocca perennemente piegata verso il basso in una smorfia non si capiva se scorbutica o sprezzante o semplicemente perché quella era la piega della sua bocca, e gli occhi coperti da due palpebre così spesse che non si intuiva mai se vegliasse o stesse dormendo. Ma non dormiva.

Girava con un motorino 50 con dei resti di colore rosso, tipo un Guzzino o qualcosa del genere, con una cassetta del pesce di color crema presa al mercato ittico del porto e munita dello stemma comunale rosso e blu, legata con una specie di "ragno", fisso, sempre, una specie di portapacchi artigianale molto diffuso dalle nostre parti.

E poi quel nome...

Non si capiva se era dovuto al fatto che biascicasse qualche parola di inglese, o se tra i mille mari navigati ne avesse visti anche dei colori dell'Union Jack o più semplicemente se parlasse in un modo talmente incomprensibile da sembrare appunto inglese. Io avrei giurato si trattasse della terza ipotesi.

Non ne ho mai saputo il vero nome.

Allora, dopo il bagnetto e tutto il resto andavi da lui con le cinquanta lire in mano, chiedevi una gassosa, lui la tirava fuori dal pozzetto con il ghiaccio a colonna e te la stappava seduta stante con uno stappabottiglie appeso ad uno spago da qualche parte, e poi ti ci schiaffava dentro la cannuccia, e tu pago di tanto piacere andavi via felice. Quasi sempre.

Noi bambini sambenedettesi sapevamo che dovevi limitarti a dirgli il numero delle gazzose che volevi, e lui ti accontentava, togliendoti di mano gli spicci che ti aveva dato mamma, brusco come tutto era brusco in lui. D'altronde si capiva che non era tipo da intavolare conversazioni. 

I problemi nascevano da richieste "originali" o da altri intoppi. 

Quella mattina fu segnata da un piccolissimo intoppo.

Eravamo in fila indiana davanti a lui. Davanti a me c'era una bambina dai capelli scuri, piccolina, partita fiduciosa. Io dietro con il mio soldino. 

La piccola si avvicina e chiede a L'Unglesë nel suo parlare: "... tre gaszòszeee..." (tre gazzose pronunciate con accento di qualsivoglia dialetto italiano di derivazione celtica: lombardo, veneto, "dell'Àlditalië", ossia dell'Alta Italia, eccetera...).

L'Unglesë: "Chë vu'?!?".

La povera bambina prova ad insistere con voce che si fa tremante: "Tre gaszòszeee!".

Io dietro di lei - forse ero più grande di lei, comunque non avevo più di sei anni, ne sono certo - sarei anche intervenuto, ma prudentemente tacqui.

L'Unglèsë insiste col medesimo tono, forse leggermente più perentorio: "Chë vuuuu'?!?".

La poveraccia gli fa, ormai in lacrime: "Tre gaszòseeee!!!".

Lui la riguarda con uno degli occhi normalmente semichiusi che si fa leggermente più aperto, lei a quel punto scappa a gambe levate piangendo verso la mamma. Io dietro: "Una gassosa!!!" con un tono da sergente di giornata, forte e chiaro, e con le cinquanta lire sciolte sulla manina. Gassosa schiaffata nell'altra mano con la cannuccia d'ordinanza e via, evaporo con nonchalance ma leggermente scosso anche io. Però un po' mi viene da ridere, poi.

Sono passati più di cinquanta anni ma ho ancora vivo davanti agli occhi l'episodio e ci rido, ci rido a crepapelle tutte le volte che lo rivedo scorrere nella mia mente immersa nel sole dell'infanzia. Il nostro eroe dei sette mari che era nato e cresciuto ruvido, e sempre ci rimase, né più e né meno di tanti nostri concittadini, per me rappresenta una specie di fumetto, di ritratto dei nostri marinai, abituati più a discutere col mare e col vento e a gridare potenti maledizioni a lu scijò. Razza in via d'estinzione, purtroppo. La bambina chissà dove sarà, forse ancora scappa, poverina. Io sono qui, contento di essere nato e cresciuto in questo porto di mare pieno di sole e di una certa sana ignoranza.

San Benedetto del Tronto
e la sua spiaggia in quegli anni

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Aggiornamento del 22 giugno 2025:

Felice è colui che ama ancora ciò che amava all'asilo: non è stato spezzato in due dal tempo; non sono due uomini, ma uno solo, ed ha salvato non solo la sua anima ma la sua vita.

Gilbert Keith Chesterton, Illustrated London News, 26 Settembre 1908.

domenica 22 ottobre 2023

Festa del nostro Santo patrono, Cambanò, foto di rito e vrëdëttë.

Lo scorso 13 Ottobre è stata la festa del santo patrono della mia amata città, il martire San Benedetto, centurione romano decapitato a Cupra all'inizio del IV secolo perché cristiano; il suo corpo fu ritrovato da un contadino sulla riva del mare ai piedi della pieve che gli fu poi intitolata, e riconosciuto perché i suoi buoi vi si erano inginocchiati davanti.


Sono andato a fare una visita al Santo per onorarlo e chiedergli aiuto per la mia città e per me ed i miei amici che ci viviamo, perché torni ad essere tutta cristiana, e lì chi ho incontrato? Il mio amico zio Mario in ottima compagnia, cioè sua moglie Laura e le sue graziosissime figliole.

Certamente non ci siamo fatti mancare il gusto di salire in cima al Torrione del XII secolo detto Torre dei Gualtieri, più noto come Lu Cambanò (= il Campanone).

Come vedete non abbiamo mancato l'appuntamento con le foto inutili ma bellissime, che ci dimostrano come siamo nati in un paese, come disse un poeta (o una poetessa?) locale, "affatturatë", cioè di una bellezza che ti strega. Talmente affatturante che di foto"scèmëcënë fattë mëccò",  come si dice da noi., e abbiamo fatto anche il filmato mentre il campanone allo scoccare del quarto, ci ha rintronato a dovere.

Avvolti dalla luce calda di questo tramonto ottobrino abbiamo pure cantato una canzone in onore della nostra Samb, alcune suore ci hanno visto e sentito, e ridevano, e le abbiamo pure aiutate a farsi una foto, e un signore che ci ha visti divertiti ci ha detto che avevamo lo spirito giusto.

Gnënoccë e crescë!

Ci siamo divertiti come pazzi e alla fine non volevamo scendere.

Grazie di cuore, signor Padre Eterno, per averci dato tóttë stu billë vrëdëttë, come si dice da noi: santi, amici cari, torrioni, campanoni, rècchië rëndrënatë, tramonti, bambini, belle cose dall'alto e pë' lu paèsë nustrë!














 #SanBenedettodelTronto #Sammenedettecarebillemi 

sabato 14 ottobre 2023

Frammenti della mia filosofia - 46 - San Tommaso e la verità.




Sant'Agostino di Ippona, citato in San Tommaso d'Aquino, Summa Theologiæ, I - I, q. 16, a. 1 arg. 1.