mercoledì 18 luglio 2007

Tolkien, Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli, perché? Eppure è tanto ovvio...


Allora, comincio anzitutto a dare, fior da fiore, le ragioni delle mie preferenze. Non interesserà a nessuno, ma a me sì, cioè a me interessa spiegare al mondo perché mi piace questo piuttosto che quello, perché c'è sempre una grassa ragione.

Cominciamo proprio da lui, Tolkien, ma come ripeto è solo un caso. Tanti anni fa, era il 1992, mi fu regalato un tozzone (=volume di ragguardevole spessore) dal titolo Il Signore degli Anelli. L'avevo visto anni prima a casa di un mio amico che mi guardò con l'occhio troppo intellettuale perché io mi potessi interessare minimamente a quel tozzo. Per cui lì rimase. I miei amici Gabriella e Giulio mi regalarono il tozzone per Natale, e io apprezzai molto, perché qualche tempo prima avevo letto sul settimanale da corsa "Il Sabato" un articolo in occasione del centenario della nascita di "'sto Tolkien". Appresi che era cattolico e io ero alla spasmodica ricerca di letture cattoliche da fare. Non potevo credere che in casa cattolica si potesse scrivere solo di teologia o di filosofia. Sfogliai il tozzone, incuriosito. Capii che prima però dovevo fare un altro passo: acquistare di tasca mia un altro volumetto meno inquietante nella mole, Lo Hobbit. Detto, fatto. Lo compro, lo leggo, mi piace, mi rilassa la mente alla grande, poi mi appassiona e poi -diciamolo!- mi gaso alla grande. Chiusa l'ultima pagina, attacco Il Signore (come lo chiamo per snellire). E lì, dopo le tortuose spiegazioni delle prime pagine, rimango, senza riuscire a schiodarmi. Bello, troppo bello, troppo vero! Chiudo l'ultima pagina e... ci rimango male perché era finito, 'sto bel libro!
Mi gaso ancora e affondo con la lettura di La realtà in trasparenza, le lettere che Tolkien scriveva ai suoi amici e familiari.
Capisco molte cose.
Poi il resto ve lo dirò un'altra volta.
Bello, ma bello.

Grazie mille.

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