giovedì 20 marzo 2025
Doroteo di Gaza: l’essere al di sotto di tutti e il pregare sempre si oppongono alla superbia.
sabato 15 marzo 2025
Il mio primo giorno di scuola.
Importerà con ogni probabilità a pochi ma sono contento di raccontarlo. L'altra mattina sono ripassato, come mi accade di fare abbastanza spesso quando passeggio, davanti alla mia vecchia scuola elementare. Le ho scattato una foto e allora mi è venuta voglia di scrivere di questa circostanza.
Fu il primo ottobre 1971. Non ricordo sinceramente se quella mattina ci fosse il sole o meno, sembrerà strano ma l'ho dimenticato. È un po' come se il prima fosse assente e che di botta io mi sia ritrovato in braccio a mio padre nel cortile della mia scuola elementare ad ascoltare quale sarebbe stata la mia classe e il mio o la mia insegnante. È strano questo vuoto, anche perché ho ricordi di molto antecedenti al primo giorno di scuola, però è così. Di botto mi ritrovai catapultato verso la scuola senza tanto rendermene conto. Mi ricordo che giorni prima andammo a comprare la cartella, che portavo a spalla; oggi non si usano più: i bambini vanno a scuola come sherpa nepalesi con zainetti carichi di libri come fossero provviste e salmerie insostituibili, noi andavamo con il piccolo sussidiario (forse si chiamava Paese), l'ancor più sottile libro di lettura, due quaderni due, uno a righe e uno a quadretti, l'astuccio con cui feci cinque anni di scuola, dentro i pastelli, una matita, una gomma un temperino. Stop. Non mi pare che non abbiamo avuto storia, opportunità, cultura, scoperte, luce e fantasia.
Non facemmo nessuna foto, per lo meno non mi sembra di averla in casa. In famiglia c'era una moderata per non dire quasi nulla tendenza a solennizzare traguardi, feste, circostanze. Ricordo solo un po' di trasporto al momento in cui acquistammo il necessario.
Quella fu una falsa partenza: mio padre ed io ci recammo a scuola, forse in macchina, entrammo nel cortile dove ho un vago ricordo si trovassero tanti babbi, tante mamme e tanti bimbi, tutti nel loro grembiulino e col fiocco, rispettivamente nero e blu per i maschietti e bianco e rosa per le femminucce. Babbo mi prese in braccio per farmi vedere più lontano. Non so se sperava che io ascoltassi con lui il personaggio (forse era il direttore) che leggeva i nomi dei vari bambini classe per classe, maestro per maestro, sta di fatto che io mi resi conto di ben poco. Capimmo che avremmo dovuto tornare nel pomeriggio perché io sarei andato in una delle classi che avrebbero iniziato la scuola nel pomeriggio. Sì, perché noi facevamo doppi turni; eravamo talmente tanti che dovevamo usare la scuola tutto il giorno, tanti la mattina e tanti il pomeriggio, a mesi alterni. Infatti fino alla quarta elementare (quando ci spostarono in un altro plesso, vicinissimo a casa mia; oggi ospita la palestra di Fausto e Luigi Giorgini) per me la scuola ad ottobre fu sempre il pomeriggio, novembre la mattina e così via. Eravamo davvero centinaia e centinaia di bambini nella mia città, noi del 1965: l'anno 1964 fu quello in cui nacquero più bambini in Italia, il nostro quello immediatamente successivo anche in classifica.
Dunque tornammo a casa per il falso allarme. Ricordo un minimo di stupore nel viso di mamma; passai la mattina un po' sospeso, toltomi il grembiulino da "remigino" (si diceva così ai bimbi che avrebbero frequentato la prima elementare), forse giocai, feci pranzo e tornai nel pomeriggio a scuola piuttosto trepidante. Erano le due e mezza circa. Mi ricordo la luce del pomeriggio e la classe che mi sembrava enorme, tutta tappezzata di quelli che scoprii erano i cartelli con le lettere ed un disegnino con qualcosa il cui nome cominciasse con quella lettera: la a di ape, la b di birillo, la i di imbuto, la z di zappa... C'era anche una presenza materna, quella della mia maestra che si chiamava Anna Traini, una signora sorridente ed affettuosa. Eravamo tutti maschietti, ed in mezzo a loro trovai un mio amichetto vicino di casa con cui i miei genitori mi avevano fatto familiarizzare poco tempo prima, Marino Palanca. Mi pare che ci misero di banco insieme, ne fui contento, fu una presenza rassicurante. Siamo rimasti sempre amici.
La scuola era ed è intitolata a Benedetto Caselli, un sambenedettese che perse la vita durante la I Guerra Mondiale. Qui ne trovate la storia. È strano ma oggi tutti chiamano quella scuola "le Moretti", perché sono in via Gino Moretti. Io però ricordo bene l'altro nome e la storia di quest'uomo.
Ci sarebbe altro da raccontare, per ora mi fermo qui.
domenica 2 marzo 2025
Frammenti della mia filosofia - 78 - Chesterton, infanzia, una sorta di luce bianca su tutto.
Devo cercare di spiegare in qualche modo che cosa intendo dire quando dico che la mia infanzia è stata di tipo, o qualità, del tutto diversa dal resto della mia esistenza, immeritatamente piacevole e gioiosa.
Di questa qualità positiva l'attributo più generale era la chiarezza. È qui che differisco, per esempio, da Stevenson, che pure ammiro vivamente, e che parla del bambino come se si muovesse con la testa tra le nuvole. Egli parla del bambino come se fosse normalmente in un sogno ad occhi aperti, in cui non riesce a distinguere la fantasia dai fatti. Ora, bambini e adulti sono entrambi fantasiosi a volte; ma non è questo che, nella mia mente e nella mia memoria, distingue gli adulti dai bambini. Il mio è un ricordo di una sorta di luce bianca su tutto, che ritagliava le cose in modo molto chiaro e ne sottolineava piuttosto la solidità. Il punto è che la luce bianca aveva una sorta di meraviglia, come se il mondo fosse nuovo come me; ma non che il mondo fosse altro che un mondo reale.
Gilbert Keith Chesterton, Autobiografia (mia traduzione)
Inno alla carità di San Paolo.
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Il ritratto di Sa Paolo più antico noto ad oggi, Catacombe di Santa Tecla, Roma. |
sabato 1 marzo 2025
lunedì 17 febbraio 2025
Cosa diceva di sé John Ronald Reuel Tolkien.
sabato 15 febbraio 2025
Frammenti della mia filosofia - 77 - Repetita iuvant, soprattutto se ripetute da San Tommaso d'Aquino che ripete il Digesto di Giustiniano che ripete Celso...
Dicit enim Celsus iurisconsultus [Dig. 1,1,1] quod ius est ars boni et aequi.
Summa Th., II - II, q. 57, a. 1.