Quando ero piccolo, mio padre a volte mi portava a vedere la partita di calcio della Sambenedettese, o meglio della Samba. Quando la Samb fu promossa in serie B al termine del campionato 1973 - 1974, andai spessissimo a vederla. Mi ricordo il gran pavese di bandiere rossoblu di cui era ornata la nostra cittadina. Un palazzo vicino alla stazione era addirittura foderato interamente di rossoblu su una parete, e il bandierone portava una B al centro. Tanta gioia, tanta allegria.
Mi ricordo che il passaggio obbligato per arrivare allo stadio comunale "Fratelli Ballarin" era il famoso Pontino Lungo, che scorreva sotto i binari della ferrovia dalla zona di piazza San Giovanni Battista verso il porto. Si sentiva l'odore della muffa e del metallo bagnato, per terra c'era sempre qualche piccola pozzanghera d'acqua, e ricordo che ai due capi del piccolo tunnel, bassissimo, c'erano due piloncini di metallo per impedire che ci si entrasse con dei mezzi (mi sono sempre chiesto: quali?). I passi delle persone facevano rimbombare con un suono quasi metallico questo passaggio per molti obbligato (di certo per noi che abitavamo più vicini alla Nazionale lo era), ed era il momento in cui il flusso dei tifosi cominciava ad unirsi in uno o due arterie, le due vie che collegavano lo stadio al centro, via Dari e viale Colombo. Lì si facevano gli incontri, si parlava, si commentava, si auspicava la sperata vittoria, si criticava... Si chiedeva al vicino, spesso ignoto: "Tó chë décë? Chë fa ujë la Samba?"...
Oggi è così, come lo vedete. Di sicuro messo molto meglio, con i gloriosi colori della nostra città e della nostra squadra. Però un po' risento quell'odore di muffa, e la muffa sveglia i ricordi che tornano alla mente con piacere.
Una volta, al termine della partita, pochi passi prima del Pontino Lungo mio padre ed io incontrammo un signore, forse un marinaio. Salutò in maniera rustica ma rispettosa mio padre dicendo: "Oh, detto'!". Mio padre non ha mai conseguito nessuna laurea ma è sempre stato apostrofato e stimato così. Continuò: "Oh, detto', sci véštë ujë Clëmèndë? Cë vëli' 'na pëndórë dë chèllë chë sci datë a mè!"... Traduco: "Oh, dottore, hai visto oggi Chimenti? (il genius loci sambenedettese è fondamentalmente una costante revisione o devastazione delle parole, dei nomi, dei verbi, dei significati. Clëmèndë era l'attaccante Francesco Chimenti, la bandiera e l'orgoglio di quegli anni) Ci voleva una puntura di quelle che hai dato a me!". Spiego. Mio padre faceva l'informatore medico del farmaco, per cui a volte riceveva richieste di campioni e di consigli sulla salute, che lui volentieri dava e per i quali otteneva stima e gratitudine. Questo simpatico soggetto sottintendeva che a lui quelle pëndórë avevano fatto molto bene, forse ricostituenti, ed era certo che avrebbero potuto sortire un buon effetto anche su Chimenti che evidentemente non aveva fatto una prova brillantissima...
Ci rido ancora adesso, a quasi cinquanta anni dall'accaduto...
Se andate su SoundCloud i miei figli e i loro amici hanno tirato fuori questo...
https://soundcloud.com/giovani-raccontano/sets/samb?utm_source=clipboard&utm_medium=text&utm_campaign=social_sharing