Nella mia città, San Benedetto del Tronto, c’è via Toscana.
Bella lunga, con tante case, una chiesa parrocchiale, bar e negozi vari, molto popolare: c’è la gente normale, comune, il popolo.
E’ una via proprio “contromano”: il senso di marcia (unico) è sud - nord, ma i numeri civici sono disposti da nord a sud. Macchine parcheggiate a destra e a sinistra, stretta.
E’ un problema? Assolutamente no, anzi!
E’ il teatro di uno sport fantastico ed estremo, comunque: l’andare in bicicletta contromano. Le campionesse sono le donne che hanno superato gli anta ma alla grande: si piazzano sulla strada rigorosamente in senso vietatissimo scendendo dal fosso dell’Albula, sprezzanti del pericolo, con le loro biciclette da passeggio e due belle buste della spesa una a destra e una a sinistra possibilmente con almeno un boccione di ammorbidente che spunta dal manubrio. Primatista mondiale è la madre di un mio vecchio amico, che abita da quelle parti. Le più ardite fanno anche delle belle partenze pattinando con un piede a terra e l’altro sul pedale a sella libera, per poi piazzarsi come principesse sulle selle delle loro biciclette, riprendere la pedalata “regolare” e successivamente scendere con lo stesso metodo.
Il Comune chiama scienziati della viabilità per capire quale sia il miglior senso di marcia delle strade della nostra industriosa cittadina, ma le nostre atlete del contromano se ne fregano: va’ dove ti porta la busta della spesa!
In fondo a chi fanno del male? Qualche parolaccia gli automobilisti la dicono, ma andando piano e non eternamente schizzati le possono risparmiare. Che fanno loro, in fondo? Accorciano, tagliano, vanno in giù dritte senza tanti problemi, scelgono la via migliore anche se perigliosa.
Il mio non è un invito a contravvenire alle regole del traffico e fare una sorta di bungee jumping a poco prezzo per voglia di brivido. Però queste donne intrepide mi suggeriscono tante riflessioni. L’altro giorno per riflettere meglio l’ho fatto anch’io. Guardare le facce di quelli che ti polverizzerebbero mentre vai contromano non ha prezzo, comunque.
Un po’ è una metafora della vita, però.
Ragazzi, dopo tanto tempo ci ho rifatto... |
Andare contromano allora significa fare percorsi che non tutti fanno e che spesso cozzano con quelli degli altri anche se sono percorsi buoni, solo che non sembrano tali perché tutti fanno altro. Anche di questo ho parlato (I costruttori del mondo buono, L’aiuto reciproco, solo per esemplificare), mai abbastanza.
Comprendo che la forza persuasiva del numero per alcuni sia determinante, ma non lo trovo né ragionevole, né umano, né normale.
Quando osservo la realtà non mi devo fermare davanti alle apparenze. Per esempio non devo pensare che la crisi sia dovuta a chissà che cosa, che aspettiamo la ripresa o altro: devo pensare a quale sia la causa vera di tutto e questa è la dominazione della finanza su tutto. Dico sempre che le banche sono un’invenzione che ha qualche secolo ma che fino a qualche decina di anni fa non avevano tutto lo spazio che hanno oggi nella nostra società. Come fare? Io sono uno, ma il mio sangue non lo darò a questo Moloch, almeno per quanto mi è possibile; e nel frattempo lavoro con i miei amici per tirare su un modo per evitare di dare il nostro sangue al di fuori di noi. Lo stiamo già facendo, come le formichine. Nel Medioevo funzionava così. San Giacomo della Marca, di fronte allo strapotere di chi dava soldi a strozzo (detto semplicemente), inventò i Monti di Pietà. Oggi è contromano, siamo d’accordo, però si può fare.
Tutti si lamentano dell’egoismo in giro per il mondo, ma quanti usano collaborare seriamente e con impegno? Molti credono che il lavoro necessiti che ognuno si faccia “gli affari suoi” e questo, nonostante tutto, per loro non stona con la lamentela sull’egoismo. Se lavoro, cerco di aiutare chi mi sta intorno e di farmi aiutare. Questo è molto contromano, ve lo garantisco, ma non c’è problema. Siamo io e te ad aiutarci, e questo castello non lo espugneranno senza colpo ferire, non permetteremo che qualcuno ci obblighi a fare a meno l’uno dell’altro. Andremo contromano, sul rasoio, ma andremo per la nostra strada. Si inventeranno mille cose perché noi rientriamo nei loro standard, ma noi finché potremo lo eviteremo.
Pier Giorgio Frassati era anche lui uno spericolato del contromano: figlio di una delle famiglie più ricche ed influenti d’Italia, visse come un San Francesco del Ventesimo secolo, totalmente distaccato da certezze diverse da Nostro Signore Gesù Cristo. La sua grandezza consiste prevalentemente in questo, e tutto lo splendore quasi pirotecnico della sua vita ha tratto forza da questo atteggiamento. Altri, come noi facciamo spesso, avrebbero fatto mille distinguo sul “vivere la realtà”, sul “vivere in base a quello che ci troviamo intorno”, sullo “sfruttare i talenti” (di papà), pur di trovare un bel piedone da mettere in tutte le staffe possibili. Lui i piedi li teneva belli per terra e spesso proprio fisicamente, visto che regalava le sue scarpe ai poveretti che incontrava, anche a Berlino con il termometro sottozero.
Gilbert Keith Chesterton non fu da meno: scrittore popolarissimo prima e dopo la sua conversione, poteva “fare l’intellettuale” e gli sarebbe riuscito benissimo, ma scelse di andare fino in fondo alla strada che Nostro Signore gli aveva messo davanti e che lui aveva riconosciuto, scelto e allegramente percorso portandosi dietro - grazie ai suoi scritti - migliaia di persone (quanti gli debbono, ancora oggi a quasi ottant’anni dalla morte, la conversione?). Addirittura passò gli ultimi dodici anni della sua vita a realizzare il distributismo, cioè il cattolicesimo nella società. Andava in giro praticamente tutte le sere per sale, pub, osterie, circoli a spiegare che il cattolicesimo conformava la vita di tutti i giorni anche nel lavoro, nella famiglia e non solo come “ispirazione morale” ma proprio facendo le cose. Poteva fare l’intellettuale e non lo fece.
Facevano tutti e due cose che gli altri non facevano. Erano immersi fino al collo nel mondo ma non si facevano minimamente toccare da idee distorte, scelte meno che dritte, erano due persone allegre e pugnaci e a distanza di decenni ne stiamo ancora parlando e le nostre vite prendono tanto da loro, dalle scelte grandi alle cose piccine.
Non ebbero il problema dell’andare con la corrente. Diceva Chesterton che una cosa morta può andare con la corrente ma solo una cosa viva può andarvi contro, e che la tolleranza è la virtù dell’uomo senza convinzioni. Pier Giorgio diceva dal canto suo che bisogna vivere e non vivacchiare e che abbiamo la Verità da difendere.
A volte si rischia, ma di sicuro si vive, se si va contromano.
“Noi dobbiamo considerare la vita come un’incursione o come una grande avventura. La cosa più pericolosa del mondo è che è vivo; si è sempre in pericolo di vita” (GIlbert Keith Chesterton).
E comunque Via Toscana a San Benedetto del Tronto è una buona pista di prova... Sempre la via migliore, anche se pericolosa.
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Aggiornamento del 21 Gennaio 2023:
Una settimana fa ho incontrato davanti al Bar Giuliani, lungo appunto la pista migliore dello sport più bello del mondo, quella signora di cui parlavo sopra, la campionessa di contromano. Era a piedi, ma sorridente, anzi ridente proprio, l'ho salutata con affetto, l'ho presentata nella sua qualità al mio amico piuttosto perplesso ma divertito Marco L. con cui stavo parlando e le ho detto: "O bella, ma quante ne hai fatte su 'sta strada...?!?" e lei ridendo e quasi giustificandosi: "eh, ma mo' m'hanno levato la bicicletta..." e io: "Ma tu rimani sempre la mia campionessa!".
Sono stato proprio contento.
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