Minoranze creative, cioè uomini che nell’incontro con Cristo hanno trovato la perla preziosa, quella che dà valore a tutta la vita (cfr Mt 13,45-46), e, proprio per questo, riescono a dare contributi decisivi ad una elaborazione culturale capace di delineare nuovi modelli di sviluppo. Perché senza tali forze umane, che vivono la ricchezza trovata in modo convincente anche per gli altri, non si costruisce niente.
J. Ratzinger, Lettera a Marcello Pera, in J. Ratzinger – M. Pera, Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam, Milano 2004, pp. 109-111.
Direi che normalmente sono le minoranze creative che determinano il futuro, e in questo senso la Chiesa cattolica deve comprendersi come minoranza creativa che ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà molto viva ed attuale. La Chiesa deve attualizzare, essere presente nel dibattito pubblico, nella nostra lotta per un concetto vero di libertà e di pace.
Benedetto XVI, Intervista concessa ai giornalisti durante il volo verso la Repubblica Ceca.
Recuperare una visione del diritto come ordinamento di ogni agglomerato sociale, affermare che ognuno di questi può essere - spesso nella realtà è - un ordinamento giuridico primario, ha quindi un duplice significato: di recuperare il diritto alla natura stessa del corpo sociale e di identificare il diritto come forma vitale di quel corpo nella storia.
La visione del fenomeno giuridico così come appare a noi oggi nell'àmbito del cosiddetto Stato moderno di diritto è unilaterale e riduttiva, ispirata, malgrado le premesse economiche e politiche di marca liberale, al più rigoroso assolutismo giuridico'. Rigido monismo sul piano delle fonti, gerarchia delle fonti come conseguente e coerente filiazione di quello, principio di stretta legalità, certezza del diritto, sono concezioni e istituti che possono anche rappresentare il merito storico dello Stato di diritto come sistema di garanzie per il cittadino.
La visione del fenomeno giuridico così come appare a noi oggi nell'àmbito del cosiddetto Stato moderno di diritto è unilaterale e riduttiva, ispirata, malgrado le premesse economiche e politiche di marca liberale, al più rigoroso assolutismo giuridico. Rigido monismo sul piano delle fonti, gerarchia delle fonti come conseguente e coerente filiazione di quello, principio di stretta legalità, certezza del diritto, sono concezioni e istituti che possono anche rappresentare il merito storico dello Stato di diritto come sistema di garanzie per il cittadino astratto, ma denunciano una costruzione dell'ordinamento che piove dall'alto sul tessuto dell'esperienza, che tende a formalizzarsi e a cristallizzarsi, nonché - inevitabilmente - a separarsi dal divenire senza soste della società, rischiando di identificarsi col messaggio dei detentori del potere.
Lo storico, memore e consapevole della varietà delle esperienze trascorse, ha il diritto e il dovere sacrosanti di ricordare a ogni giurista che un simile assetto, anche se è quello che ci circonda e che pertanto può apparire naturale e immutabile, costituisce soltánto il frutto d'un modo recentissimo e peculiarissimo d’intendere il diritto, e che non è lecito immobilizzarlo in una sorta di mo-dello. La storia, al contrario, soprattutto quella meno recente, ci propone esempi di organizzazione giuridica risolta all'insegna della più ampia e rigorosa pluralità di ordinamenti, con un recupero della produzione giuridica alla pluralità delle forze dell'esperienza è con il risultato d'una costruzione del diritto forse incerta, forse alluvionale, forse informe, ma straordinariamente congeniale alle istanze reali di quelle forze, con un meccanismo di fonti non soffocato nella sola forma legislativa ma aperto in una articolazione giurisprudenziale, dottrinale e soprattutto consuetudinaria.
Ora sono in uno stato in cui mi sento un mostruoso ciarlatano, come se indossassi una maschera e fossi imbottito di cuscini, ogni volta che vedo qualcosa sul G. K. C. pubblico; mi fa male, perché anche se le opinioni che esprimo sono reali, l'immagine è terribilmente irreale rispetto alla persona reale che ha bisogno di aiuto in questo momento. Ho la stessa vanità di chiunque altro riguardo a questi successi superficiali mentre si verificano; ma non sento mai per un momento che essi influenzino la realtà del fatto che io sia completamente marcio o meno; così che qualsiasi commento pubblico sulla mia posizione religiosa sembra come un vento dall'altra parte del mondo; come se riguardasse qualcun altro - come in effetti è. Non mi preoccupa un grosso uomo grasso che appare sulle piattaforme e nelle caricature; anche quando si diletta in dibattiti su quello che io ritengo essere il giusto. Mi preoccupa ciò che è diventato un bambino a cui il padre mostrava un teatro giocattolo, e uno scolaro che nessuno ha mai sentito nominare, con il suo rimuginare su dubbi, oscurità e sogni a occhi aperti, con una coscienza grossolana così incoerente da sfiorare l'ipocrisia; e tutta la vita morbosa della mente solitaria di una persona viva con cui ho vissuto. È questa storia, che così spesso ha rischiato di finire male, che voglio che finisca bene.
Gilbert Keith Chesterton, da una lettera a mons. Ronald Knox poco prima della sua conversione al cattolicesimo, in Dudley Barker, G. K. Chesterton: A Biography, New York, Stein & Day, 1973.
Questo brano si accorda perfettamente con quest'altra citazione, sempre di Chesterton:
Tempo fa, un paio di mesi fa, presi per scusa un'immaginetta trovata su internet per parlare della poesia La quiete dopo la tempesta di Giacomo Leopardi:
Esprimevo con un certo trasporto il mio pensiero su questo bel canto leopardiano, che inizia strepitosamente e finisce male. Con la stessa riserva immutata ed immutabile la pubblico per intero, invitando a leggere quel mio commento dopo aver letto la poesia. Non l'avevo mai pubblicata per intero, e allora ritengo valida cosa farlo. Vorrei sempre che ognuno di noi con le unghie e con i denti tenesse alla visione da cui trae origine la prima parte della poesia, perché una tale fedeltà salverebbe tutto. Il Padre Eterno ama questa fedeltà e ne rimane toccato e ne fa seguire miracoli. Ma ci torno.
_________________________________ Passata è la tempesta: Odo augelli far festa, e la gallina, Tornata in su la via, Che ripete il suo verso. Ecco il sereno Rompe là da ponente, alla montagna; Sgombrasi la campagna, E chiaro nella valle il fiume appare. Ogni cor si rallegra, in ogni lato Risorge il romorio Torna il lavoro usato. L’artigiano a mirar l’umido cielo, Con l’opra in man, cantando, Fassi in su l’uscio; a prova Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua Della novella piova; E l’erbaiuol rinnova Di sentiero in sentiero Il grido giornaliero. Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride Per li poggi e le ville. Apre i balconi, Apre terrazzi e logge la famiglia: E, dalla via corrente, odi lontano Tintinnio di sonagli; il carro stride Del passegger che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core. Sì dolce, sì gradita Quand’è, com’or, la vita? Quando con tanto amore L’uomo a’ suoi studi intende? O torna all’opre? o cosa nova imprende? Quando de’ mali suoi men si ricorda? Piacer figlio d’affanno; Gioia vana, ch’è frutto Del passato timore, onde si scosse E paventò la morte Chi la vita abborria; Onde in lungo tormento, Fredde, tacite, smorte, Sudàr le genti e palpitàr, vedendo Mossi alle nostre offese Folgori, nembi e vento.
O natura cortese, Son questi i doni tuoi, Questi i diletti sono Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena E’ diletto fra noi. Pene tu spargi a larga mano; il duolo Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto Che per mostro e miracolo talvolta Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana Prole cara agli eterni! assai felice Se respirar ti lice D’alcun dolor: beata Se te d’ogni dolor morte risana.
Questo aforisma di Chesterton rispecchia esattamente una delle parti più devastate della mia psiche. Il guaio è che, pur sapendo che chi deve subire quest'attitudine soffre, non riesco ad emendarla, sia nel senso che non gliela faccio, sia nel senso che proprio non intendo emendarla. Uomo avvisato...
Marco Sermarini
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Quando mi fu suggerito per la prima volta di andare a Roma e in qualche modo fare una cronaca delle nuove trasformazioni in atto su quell’antico palcoscenico, spiegai con franchezza che sono un pessimo cronista, proprio come sono un pessimo recensore. E questo non succede minimamente perché io ritenga noioso fare cronache e recensioni, ma perché ci trovo troppa roba interessante e possiedo troppo poco delle interessantissime qualità che richiedono: le qualità della selezione e della concentrazione. Sono un cattivo cronista perché qualunque cosa mi pare degna di essere riferita; e un cattivo recensore perché ogni frase in ogni libro mi suggerisce un articolo dedicato. Posso dire onestamente, come impressione generale delle cose, che non trovo noioso mai niente; ma un libro che descrivesse la scoperta che niente è noioso potrebbe risultare davvero noiosissimo.
Gilbert Keith Chesterton, La resurrezione di Roma.
Poscritto del 23 novembre 2024 (faccio come i cornuti e ci ripenso): io sono messo peggio! Non troverei noioso nemmeno il libro che descrivesse la scoperta che niente è noioso...
Le lettere dell’iscrizione sono quelle banali che formano le parole COFFEE ROOM; attraverso la mente dell’artista esse, pur restando identiche, compongono le parole MOOR EEFFOC, parole misteriose e temibili, simili a quelle che una mano soprannaturale scrisse sulle mura del Re. Sostituite ambienti, persone, fatti comuni a tutti noi; guardateli attraverso il vetro della fantasia di Dickens e otterrete delle creature, dei luoghi in tutto simili, se presi uno per uno, a quelli che conosciamo… ma che avranno acquistato un senso o di sovrumano buonumore o di tremenda inquietudine.
Ego sum resurrectio et vita: qui credit in me, etiam si mortuus fuerit, vivet: et omnis qui vivit et credit in me, non morietur in aeternum. Credis hoc?
Johannes 11, 25 - 26.
Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?
Giovanni 11, 25 - 26.
Giotto di Bondone, Resurrezione di Lazzaro, Cappella degli Scrovegni, Padova.
Se per amore del silenzio qualche volta ci si deve astenere dai buoni discorsi, tanto più per la pena del peccato dobbiamo astenerci dalle parole cattive.
San Benedetto da Norcia, Regola, De Taciturnitate.
Ho trovato quest'immaginetta su internet, non ricordo esattamente dove, però come l'ho vista ho pensato: è esattamente come ho sempre visto quella prima parte della poesia nella mia immaginazione. Per essere più preciso, la mia fervida fantasia mi ha sempre fatto immaginare la gallina che faceva il passo militare, o meglio "il passo dell'oca"... Non lo dico come battuta (gallina che fa il passo dell'oca), anche se come battuta funziona, è che l'ho sempre pensato.
Questa poesia credo di averla sentita la prima volta alle medie, ma all'epoca ero ancora un infante come d'altronde adesso; essendomisi stampata in testa un'idea del mondo intero come quello del sussidiario e del libro di lettura delle mie scuole elementari, e pure i viaggetti domenicali a Spinetoli da mia nonna, e qualche rara gita a Loreto e a Recanati da piccolino, tutto per me è ancora e sempre come in questa immaginetta. Tutto: mare, monti, case, campagna, piazze, alberi, bambini, vecchietti, uomini, donne, finestre, nuvole, galline, paperi nello stagno, stracci, ossi, come diceva il mio Chesterton... la questione nasce quando il mondo intorno a me non è esattamente come dovrebbe essere: è lì che mi metto in movimento e comincio la battaglia.
Io penso che il giovane Giacomo Leopardi, che affettuosamente chiamo Giacomino, anche lui avesse grandi e buoni desideri, e mi ricorda i desideri che avevo quando io ero bambino e ragazzo. Essi non sono mai venuti meno di una virgola nella loro intensità, perché Nostro Signore mi ha sempre fatto il dono e la grazia di ricordarmeli ed io da parte mia ho cercato di tenerli sempre desti e vivi come potevo.
A volte mi chiedo come mai questa poesia finisca non gloriosamente come inizia, con la gloria luminosa del quotidiano. Giacomino, mi dico sempre, se tu avessi avuto un buon amico a fianco! Pensa cosa avresti detto e fatto, se tanto mi dà tanto! So che sei morto in grazia di Dio, coi sacramenti, e questo è un gran bene, ma per questo sono certo che hai trovato il Buon Amico lassù, quello che ti faceva cominciare bene le poesie.
Per conto mio continuo a dire a tutti: fatevi dei buoni amici che vi facciano essere sempre come il bimbo che immagina o guarda la gallina, la pioggia, l'erbaiuolo che rinnova di sentiero in sentiero il grido giornaliero (mamma mimava per me improvvisando questa scena), gli augelli, il fiume nella valle, il romorio, l'umido cielo, l'artigiano con l'opra in man cantando, la femminetta a cor dell'acqua, il sole che sorride per li poggi, la famiglia che apre le finestre, i sonagli e il carro che stride.
Sennò prendete il primo che passa e pagatelo perché lo faccia esattamente e fategli causa se non lo fa esattamente.
Ne parla a proposito di suo padre, che vi aveva educato lui e suo fratello Cecil; ebbene, anche io ci credo.
Mamma, quando ero piccolo, sapevo che mi avrebbe fatto qualche piccola sorpresa: un giocattolino di poco valore (ricordo che un periodo mi riportava dal mercato degli elicotterini di plastica piccolissimi, del valore di cento - duecento lire a confezione), un gelato, o che avrebbe provveduto a me in qualche modo inaspettato.
La sorpresa era attesa ma non sapevi se e cosa sarebbe accaduto, e questo rendeva bello tutto.
Non erano così, erano ancora più semplici, però un po' li ricordano...
Parole e musica di Claudio Chieffo marzo 1980 a Pigi Bernareggi
Anche se un giorno, amico mio, dimenticassi le parole, dimenticassi il posto e l'ora o s'era notte o c'era il sole, non potrò mai dimenticare cosa dicevano i tuoi occhi.
E così volando volando anche un piccolo cuore se ne andava, attraversando il cielo verso il Grande Cuore, un cuore piccolo e meschino come un paese inospitale volava dritto in alto verso il suo destino... E non riuscirono a fermarlo neanche i bilanci della vita, quegli inventari fatti sempre senza amore.
Così parlavo in fretta io per non lasciare indietro niente, per non lasciare indietro il male e i meccanismi della mente e mi dicevano i tuoi occhi ch'ero già stato perdonato...
E così volando volando anche un piccolo cuore se ne andava, attraversando il cielo verso il Grande Cuore, un cuore piccolo e meschino come un paese inospitale volava dritto in alto verso il suo destino... E non riuscirono a fermarlo neanche i bilanci della vita, quegli inventari fatti sempre senza amore.
E adesso torna da chi sai, da chi divide con te tutto, abbraccia forte i figli tuoi e non nascondere il tuo volto, perché dagli occhi si capisce quando la vita ricomincia.
E così volando volando anche un piccolo cuore se ne andava, attraversando il cielo verso il Grande Cuore, un cuore piccolo e meschino come un paese inospitale volava dritto in alto verso il suo destino... Lalalalalalalalalalalalalalalalalalalalalalalalalalalalala
Questa canzone ce la faceva cantare in classe il nostro maestro Francesco Vitellozzi (nostro insegnante dalla seconda alla quinta elementare). Questa ed altre, anche canzoni religiose. A questo proposito, ci insegnava tante preghiere e ci leggeva il Vangelo e altre cose. Un grande.
Il mio maestro era un uomo buono e religioso, e amava la montagna e le sue tradizioni. Ci aveva insegnato alcune canzoni come questa, e ci accompagnava suonando la sua armonica a bocca. Noi cantavamo disciplinatamente, allegri e composti.
Cose impensabili oggi, in un sistema scolastico fatto di competizione e diagnosi. Non funzionerà mai, mai.
Però io mi ricordo benissimo di queste cose e vorrei trasmetterle alle prossime generazioni, anzi ci sto lavorando.
La colpa è del mio amico - fratello Giovanni Tamburrini che mi ha ricordato questi momenti bellissimi, e adesso si canterà...
Comunque questa versione del Coro della Società Alpina Tridentina mi piace perché è carichissima, come deve essere, e io mi commuovo pure per quello.
Non credo, a titolo personale, che un bambino ottenga il suo miglior cibo fisico succhiandosi il pollice; né che un uomo ottenga il suo miglior cibo morale succhiando la sua anima e negando la sua dipendenza da Dio o da altre cose buone. Vorrei sostenere che il ringraziamento è la forma più alta di pensiero e che la gratitudine è la felicità raddoppiata dalla meraviglia.
Gilbert Keith Chesterton, Una breve storia d'Inghilterra.
Questo ed altri aforismi di Chesterton li potete trovare qui:
Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati.
Gilbert Keith Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo.
We reached Chestertons Grave and left some flowers for Gilbert, Francis and also Dorothy Collins. We also placed some flowers to remember Federica Sermarini, a tradition we adopted before her death. #GKCWalk2024
Tolkien non s’è sbagliato di una virgola. Il mondo è come la Terra di Mezzo, bisogna scegliere da che parte stare, è semplice. Io voglio stare con gli hobbit, sempre, per tutta la vita! Cioè dalla parte della Luce, ma essere sempre un po’ di campagna e un po’ bimbo… Io sto bene tra quelli di campagna e tra i bimbi, cioè sono un hobbit in tutto, salvo che nella statura (come disse JRRT…).
L'educazione è solo verità in stato di trasmissione; e come possiamo trasmettere la verità se non è mai passata nelle nostre mani? Così scopriamo che l'educazione è, tra tutti i casi, quello più chiaro per il nostro scopo generale. È vano salvare i bambini, perché non possono rimanere bambini. Per ipotesi, stiamo insegnando loro a diventare uomini; e come può essere così semplice insegnare un ideale di virilità agli altri se è così vano e senza speranza trovarne uno per noi stessi?
Gilbert Keith Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo.
Education is only truth in a state of transmission; and how can we pass on truth if it has never come into our hand? Thus we find that education is of all the cases the clearest for our general purpose. It is vain to save children; for they cannot remain children. By hypothesis we are teaching them to be men; and how can it be so simple to teach an ideal manhood to others if it is so vain and hopeless to find one for ourselves?
Gilbert Keith Chesterton, What's wrong with the World.
Non riesco a immaginare la Compagnia dei Tipi loschi di San Benedetto del Tronto, la scuola parentale G.K. Chesterton, la cooperativa sociale Capitani Coraggiosi, la Polisportiva Gagliarda, la cooperativa Hobbit, il Centro educativo La Contea senza Federica Graci. Federica e Marco Sermarini sono stati la rappresentazione in carne ed ossa di che cosa sia la fecondità promessa dalla grazia sacramentale del matrimonio cristiano.
Siete matti, ce la farete
All’inizio c’è l’esitazione, la paura di non farcela. Federica, “turris eburnea” conquistata da Marco dopo un lungo corteggiamento, non voleva figli perché aveva paura del parto. Ha generato cinque figli a questo mondo e quattro in Cielo. Dopo che è nato Pier Giorgio, il primogenito la cui gestazione è stata accompagnata da infinite preghiere al Beato Frassati, la vita si è manifestata prorompente come un fiume in piena che non distrugge ma fertilizza lì dove passa. Dalla compagnia iniziale, che proseguiva l’originaria esperienza scout in termini non adulterati, raccomandata e benedetta dal vescovo, sono nati un doposcuola, poi le cooperative sociali, la società sportiva, la scuola parentale – l’azzardo, la follia che fece dire al loro amico Franco Nembrini(quello delle letture e dei libri su Dante) «voi siete matti, perciò riuscirete» – la collina di Santa Lucia prospiciente l’Adriatico trasformata in un centro educativo e conviviale che non poteva non chiamarsi La Contea.
Sono nati anche tanti figli, fratelli e sorelle nello spirito. Prova ne è il fatto che oggi che Federica è morta dicono: «Ho perso per la seconda volta mia madre», oppure: «ho perso una sorella». Quando aveva 20 anni, Federica pregava con le parole di san Giovanni Bosco: «Toglimi tutto, ma dammi le anime». Preghiera esaudita.
Una compagnia frassatiana-chestertoniana
Non sono in nessun modo l’avvocato dell’intellettuale e giornalista americano cristiano ortodosso Rod Dreher, ma per onestà intellettuale mi sono ritrovato a difenderlo persino davanti a un cardinale (di cui non dico il nome) dall’accusa di aver idealizzato nel suo libro L’Opzione san Benedetto un cristianesimo dei puri che si separano e si autosegregano dal mondo.
Non è così, ho precisato infinite volte, perché nel libro si fa qualche esempio concreto dello stile di vita cristiana che l’autore propone, e per quanto riguarda l’Italia l’esempio è proprio quello della frassatiana-chestertoniana Compagnia dei Tipi Loschi di san Benedetto del Tronto, da cui sono nate opere e una rete di rapporti umani assolutamente evangeliche. Tutto il contrario di una setta ripiegata su se stessa o di un’elitaria esperienza eremitica.
Il diavolo ha paura di chi ride
Bisogna saper uscire dagli schemi mentali di ogni tipo. Nella mentalità dominante, anche in ambienti ecclesiali, un soggetto che promuove una scuola parentale, ama e frequenta la Messa in rito antico celebrata dai monaci benedettini di Norcia (ma anche tutte le altre Messe) e dove un malato grave come Federica nelle ultime settimane offre le sue sofferenze per la guarigione niente meno che del cardinale Raymond Burke, proietta un’immagine arcigna, rigida, chiusa. E invece no, le cose stanno proprio all’opposto.
Le pecore bergogliane con quel loro odore, i poveracci, la gente comune, i piccoli, i timidi, i semplici, gli stranieri li trovate alla Contea, nelle aule della scuola parentale, al lavoro nelle cooperative sociali, a giocare con gli altri ragazzini nei centri estivi la cui gestione i comuni del comprensorio appaltano a loro (che strani questi cristiani chiusi nel loro rifugio: con una cooperativa gestiscono tre doposcuola con circa 120 tra bambini e ragazzi, cinque circolini con altri 185 tra bambini e ragazzi, sette centri estivi e un servizio di assistenza domiciliare, in una realtà piccola come San Benedetto del Tronto). E soprattutto trovate l’allegria, la letizia, l’ascolto, la gratitudine che in tutto vede un dono, l’arguzia nei giudizi sul mondo contemporaneo che sono il contrassegno della spiritualità di Pier Giorgio Frassati, di Gilbert Keith Chesterton, di san Giovanni Bosco. Diceva quest’ultimo: «Il diavolo ha paura della gente che ride». Esatto. E il beato Frassati: «Tu mi domandi se sono allegro; e come non potrei esserlo? finché la Fede mi darà forza, sempre allegro! Ogni cattolico non può non essere allegro: la tristezza dev’essere bandita dagli animi cattolici».
Una ecologia integrale
Alcuni hanno fatto fatica ad accettare la scelta di Federica e Marco di curare la malattia di lei sul posto, senza allontanarsi da San Benedetto per trovare altrove strutture più qualificate. Io me l’aspettavo, per quel poco che ho capito del loro rapporto con la vita e col creato. Non si può vivere e non si può morire lontano dagli affetti; non si sradica una pianta per curarla. Il luogo dove si nasce, si cresce, si mettono al mondo figli nella carne e nello spirito, si apre una scuola, ci si inginocchia a pregare, si compra un’intera collina nello spirito dei “tre acri e una vacca” del distributismo di Hilaire Belloc, è l’unico luogo al mondo dove si può vivere e morire, curare la vita e abbracciare la sua fine.
La Contea non è una romanticheria adolescenziale, l’orticoltura, il parco tutto composto di piante locali, l’allevamento degli asini e delle api, i laboratori di educazione ambientale con i bambini (finanziati anche con l’8 per mille della Chiesa Valdese! Della serie: i cattolici delle Messe in latino ripiegati su se stessi…) non sono fissazioni ecologiste. Sono l’ecologia integrale dell’uomo che ha i piedi piantati sul terreno con la stessa forza delle radici della quercia e la testa innalzata fra le stelle del Cielo di Dio.
Sempre presente
Non riesco a immaginare tutto questo senza Federica. E infatti continuerà a esserci. Fra i banchi che ospitano i 90 iscritti della scuola parentale cresciuta fino a diventare una combinazione di medie inferiori, liceo scientifico e istituto professionale, come nei momenti di festa e nelle occasioni di convivialità sul colle di Santa Lucia, continuerà ad essere presente.
A me che vivo a 500 chilometri da quei luoghi basterà prendere in mano il quadernone ad anelli con l’intestazione della Scuola libera G.K. Chesterton che mi donò due anni fa quando partecipammo a un pellegrinaggio in Terra Santa, per avvertire la di lei presenza. Nel frattempo è diventato il manoscritto di Una storia popolare, il libro intervista sulla vita di Roberto Formigoni che ho fatto in tempo a regalarle nel luglio scorso. Mentre stava per compiersi la tua preghiera, Federica: «Toglimi tutto, ma dammi le anime».
Il 5x1000 è un modo gratuito di aiutare le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
La nostra scuola ha un'indubbia utilità sociale che molti hanno potuto verificare. Vi chiedo di aiutare quest'opera che con gli amici e la mia cara moglie ho contribuito a tirare su. E comunque l'Opera Chesterton non è solo la Scuola Libera G. K. Chesterton, c'è molto molto altro...
Qui altri modi per aiutare la scuola più bella del mondo:
«La misura di ogni felicità è la riconoscenza. Tutte le mie convinzioni sono rappresentate da un indovinello che mi colpì fin da bambino. L'indovinello dice: "Che disse il primo ranocchio?" La risposta è questa: "Signore come mi fai saltare bene". In succinto c'è tutto quello che sto dicendo io. Dio fa saltare il ranocchio e il ranocchio è contento di saltellare».
G. K. Chesterton, Ortodossia
Lettori fissi
I miei collegamenti (non sono tutti qui ma con la testa che mi ritrovo è già tanto).