Si conclude in maniera tragico il sequestro di due cristiani, per la cui libertà una delle famiglie aveva già pagato un riscatto di 20mila dollari. La comunità di Mosul auspica che i musulmani condannino “con fermezza” gli omicidi.
Mosul (AsiaNews) – La comunità cristiana irachena di nuovo nel mirino dei fondamentalisti islamici a Mosul: è di oggi la notizia della morte di un medico 65enne, Tariq Qattan, rapito nei giorni scorsi da una banda di terroristi e per la cui libertà, rivelano fonti di AsiaNews, la famiglia aveva già pagato un riscatto di 20mila dollari Usa. La somma di denaro non è però bastata per restituire la libertà a Tariq Qattan, uno dei tanti cristiani rapiti dai fondamentalisti per estorcere denaro.
Sempre a Mosul due giorni fa – ma la notizia è circolata solo oggi – è stato rapito e ucciso un altro cristiano, Nafi Haddad, per il quale non si sa ancora se sia stato pagato o meno un riscatto. A dispetto dei piccoli segnali di miglioramento che sembravano arrivare dall’Iraq, la comunità cristiana deve registrare altre violenze; Mosul è da tempo teatro di una vera e propria carneficina, che ha costretto oltre i due terzi dei fedeli a fuggire altrove in cerca di salvezza.
Grande il tributo di sangue versato dalla diocesi in questi ultimi anni, a partire dal tragico rapimento di mons. Paulo Farj Rahho, il cui corpo è stato rinvenuto privo di vita il 13 marzo scorso in un terreno abbandonato poco fuori la città. Durante l’agguato che ha preceduto il sequestro del presule sono morti i tre uomini che erano con lui e fungevano da scorta, massacrati dai terroristi.
Nel 2007 i morti registrati nella comunità cristiana irachena sono stati 47, di cui almeno 13 solo a Mosul: fra di loro ricordiamo p. Ragheed Gani trucidato il 3 giugno, e altri due preti.
Tra il 6 e il 17 gennaio di quest’anno, inoltre, si sono succeduti una serie di attacchi contro beni e proprietà cristiani, quando un’ondata di attacchi bomba ha colpito: la chiesa caldea della Vergine Immacolata, quella caldea di San Paolo, quasi distrutta, l’entrata dell’orfanotrofio gestito dalle suore caldee ad al Nour, una chiesa nestoriana e il convento delle suore domenicane di Mosul Jadida.
La fonte di AsiaNews a Mosul auspica che gli ultimi due omicidi vengano “condannati con forza” dalla comunità musulmana, che ha appena celebrato l’inizio del mese sacro del Ramadan. Barbarie compiute “in nome della religione” e che violano i precetti del Corano. “Per secoli la comunità cristiana ha contribuito in maniera fondamentale allo sviluppo dell’Iraq. È dovere dei musulmani rispettarla e proteggerla perché crediamo tutti in un unico Dio, come è scritto nel Libro Sacro”.
Sempre a Mosul due giorni fa – ma la notizia è circolata solo oggi – è stato rapito e ucciso un altro cristiano, Nafi Haddad, per il quale non si sa ancora se sia stato pagato o meno un riscatto. A dispetto dei piccoli segnali di miglioramento che sembravano arrivare dall’Iraq, la comunità cristiana deve registrare altre violenze; Mosul è da tempo teatro di una vera e propria carneficina, che ha costretto oltre i due terzi dei fedeli a fuggire altrove in cerca di salvezza.
Grande il tributo di sangue versato dalla diocesi in questi ultimi anni, a partire dal tragico rapimento di mons. Paulo Farj Rahho, il cui corpo è stato rinvenuto privo di vita il 13 marzo scorso in un terreno abbandonato poco fuori la città. Durante l’agguato che ha preceduto il sequestro del presule sono morti i tre uomini che erano con lui e fungevano da scorta, massacrati dai terroristi.
Nel 2007 i morti registrati nella comunità cristiana irachena sono stati 47, di cui almeno 13 solo a Mosul: fra di loro ricordiamo p. Ragheed Gani trucidato il 3 giugno, e altri due preti.
Tra il 6 e il 17 gennaio di quest’anno, inoltre, si sono succeduti una serie di attacchi contro beni e proprietà cristiani, quando un’ondata di attacchi bomba ha colpito: la chiesa caldea della Vergine Immacolata, quella caldea di San Paolo, quasi distrutta, l’entrata dell’orfanotrofio gestito dalle suore caldee ad al Nour, una chiesa nestoriana e il convento delle suore domenicane di Mosul Jadida.
La fonte di AsiaNews a Mosul auspica che gli ultimi due omicidi vengano “condannati con forza” dalla comunità musulmana, che ha appena celebrato l’inizio del mese sacro del Ramadan. Barbarie compiute “in nome della religione” e che violano i precetti del Corano. “Per secoli la comunità cristiana ha contribuito in maniera fondamentale allo sviluppo dell’Iraq. È dovere dei musulmani rispettarla e proteggerla perché crediamo tutti in un unico Dio, come è scritto nel Libro Sacro”.
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