(Innocent Smith) aveva fatto perdere a sua moglie una lunga serie di domestiche eccellenti, a causa di quella sua abitudine di bussare a casa sua come fosse un perfetto sconosciuto, per chiedere se il signor Smith abitasse davvero lì e che tipo d'uomo fosse. La classica domestica londinese non è abituata a padroni che si dilettano con ironie così astruse; e risultò impossibile spiegarle che il padrone lo faceva per guardare le proprie faccende con la stessa viva curiosità che di solito si ha verso le faccende altrui. «So che c'è un tale chiamato Smith» era solito dire con aria stranita «che vive in una di queste case a schiera. So che è molto felice, eppure non riesco mai a coglierlo in flagrante». Talvolta era capace di mettersi improvvisamente a trattare sua moglie con quel tipo di cortesia impacciata, tipica di un giovane che s'innamora a prima vista di una sconosciuta. Talvolta era capace di estendere queste poetiche premure anche nei confronti del mobilio; si scusava con la sedia su cui si sedeva, saliva le scale con la prudenza di uno scalatore, per sentire come nuova la percezione di quello scheletro di realtà. «Ogni gradino è una scala e ogni sgabello è una gamba» diceva. E altre volte si comportava da sconosciuto nel modo completamente opposto, cioè entrando da passaggi strani, per sentirsi come un ladro o un rapinatore. Scassinava e s'introduceva abusivamente in casa sua, come aveva fatto quella notte con me.
Gilbert Keith Chesterton, Uomovivo.
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