sabato 20 maggio 2023

Quattro aprilante piove quarante...

Allora, quest'anno il 4 di aprile era un giorno normale. Memore del detto popolare stonatissimo con cui intitolo questo post, chiedo a mia figlia: ma hai fatto caso se oggi è piovuto? Perché io onestamente per tutta la giornata non ci avevo fatto caso. Lei mi fa: babbo, veramente un po' d'acqua oggi l'ha fatta mentre ero a scuola...

A casa mi danno del menagramo quando rinnovello questo detto che (Mario Tozzi, quel signor premio Nobel che adesso mi sfugge e che dice che è colpa dell'anidride carbonica, e tutti quelli che piangono su Repubblica, Corriere, Huffington Post, eccetera permettendo -- perché non è permesso dire quello che sto per dire) ci dice che quando piove il quattro di aprile poi piove per quaranta giorni, e non c'entra niente, perché questo detto è ben più antico delle paranoie climatiche.

Personalmente ne ho memoria da quando avevo quindici anni: quell'anno piovve sempre, tra aprile e maggio, ed ebbi modo di accorgermi che c'era una seconda parte del detto che ora non so come suoni (o stoni) esattamente, ma che dice in pratica che se piove il quarantesimo giorno (cioè il 14 Maggio) poi piove per altri quaranta giorni, o roba del genere. Non vi interesserà ma fu quello l'anno in cui decisi che non avrei più preso l'ombrello per ripararmi dalla pioggia. Perché? Pigrizia, godimento nel farsi cadere la pioggia addosso, cose varie. Ho scoperto che pure Chesterton ne godeva, ma l'ho scoperto solo pochi anni fa, quindi non è emulazione.

E così è andata e andrà anche quest'anno.

Ho ricordi anche di qualche anno fa, quando la predetta figlia fece la Cresima a fine maggio e andammo in giro con il cappotto (cappotto, signori, cappotto -- se non ve lo ricordate non è un problema climatico, è un problema di memoria, cioè vostro, non del pianeta Terra ma del pianeta Testa). Ricordo che con noi c'era un giornalista inglese della BBC che era venuto a raccontare cosa facesse questa specie di villaggio di hobbit, tipi loschi, bestie rare, e che non si capacitava che l'Italia potesse essere più umida della perfida Albione (dai, mo' fatemi dire così, lo sapete che non lo penso, io amo Chesterton che era inglese). Ricordo anche di altri anni: una volta invitammo alla festa del beato Pier Giorgio Frassati Lino Zani, personaggio di montagna e televisivo che venne a raccontarci della sua amicizia con Giovanni Paolo II, che nell'ultima decade di giugno di quell'anno, anche lui piuttosto stupito, dovette mettersi il maglione...

Nel 1992 il Tronto e la pioggia fecero un castigo divino, ma la colpa non era del cambiamento climatico, c'è una sentenza che lo dice. Chissà: se qualcuno onesto e libero si mettesse ad indagare che cosa ne uscirebbe? Taccio.

Va bene, sono ricordi di un rimbambito che non può misurarsi né con star televisive, né con giornalisti, né con premi Nobel, ma sta di fatto che è così e il cambiamento climatico non c'entra un tubo, anche perché non c'è cambiamento climatico. Per cui lasciatemi dire che non credo a una parola di quello che questi qui dicono. Quattro aprilante e basta. Facciamola finita, gli amministratori cerchino di fare il loro dovere, noi popolo cerchiamo di tornare ad un rapporto non utilitarista con la terra ma a guardarla, usarla compatibilmente con quello che la terra può dare e fare naturalmente, a non cementificare. Il problema è solo quello, cioè non abbiamo più un rapporto normale con ciò che il Padre Eterno ci ha donato, sia a proposito di clima che di tutto.

E come disse il mio amico Nello (http://nellonostro.blogspot.com): mmaledetta plashtëchë!

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