domenica 21 marzo 2021

San Francesco e l’Acrobata di Nostra Signora.

Se c'è un posto in cui si può trovare il vero spirito francescano al di fuori della storia francescana vera e propria, è il racconto dell'acrobata di Nostra Signora [leggenda medievale su un acrobata che, fattosi monaco, si rese conto di non saper offrire alla Madonna altro che i suoi salti e le sue capriole, ndr]. E quando san Francesco chiamò i suoi seguaci Giullari di Dio, voleva dire qualcosa come Acrobati di Nostro Signore. Da qualche parte in quel passaggio dall'ambizione del trovatore alle buffonate dell'acrobata si nasconde, come sotto una parabola, la verità su san Francesco. Dei due menestrelli o suonatori ambulanti, il giullare era probabilmente il servitore, o quantomeno la figura secondaria. San Francesco dev'essere proprio preso alla lettera quando dice di aver scoperto che il segreto dell'esistenza consiste nell'essere il servitore e la figura secondaria. Alla fin fine, quella condizione di servitù doveva quasi rasentare la spensieratezza. Era paragonabile alla condizione di giocoliere proprio in quanto rasentava la spensieratezza. Il giullare poteva essere libero, mentre il cavaliere era rigoroso; in condizione di servitù si può essere burloni, il che rappresenta la totale libertà. Questo paragone dei due poeti o menestrelli è forse il migliore preambolo alla trasformazione di Francesco, espresso attraverso un'immagine che può essere apprezzata dal mondo moderno. Naturalmente la questione era molto più complessa, e noi dobbiamo sforzarci, per quanto non sarà mai abbastanza, di arrivare al concetto andando al di là dell'immagine. E' l'approccio dell'acrobata che, per molti, è veramente un concetto a gambe all'aria. Nel periodo in cui era rimasto rinchiuso in prigione o nella caverna buia – o all'incirca in quel periodo – Francesco aveva subito un'inversione di natura psicologica, che era stata in realtà come il contrario di un salto mortale in quanto, avendo fatto un giro completo, era tornato, o quanto meno pareva essere tornato, alla sua posizione originale. E' necessario ricorrere alla grottesca similitudine dell'acrobata, perché nessun'altra immagine può essere altrettanto chiarificatrice. Tuttavia, introspettivamente, si trattò di una profonda rivoluzione spirituale. L'uomo uscito dalla caverna non era più quello che vi era entrato, nel senso che era diverso quasi come se fosse morto diventando uno spettro o uno spirito beato. E i risultati che questo ebbe sul suo atteggiamento verso il mondo sono effettivamente tanto straordinari quanto possono apparire da qualsiasi confronto. Guardava al mondo in modo totalmente diverso dagli altri uomini, come se fosse uscito da quella buia caverna camminando sulle mani. Se applichiamo al caso la parabola dell'acrobata di Nostra Signora, ci avvicineremo molto a quello che era il suo scopo. Ebbene, è proprio vero che a volte una scena, come ad esempio un paesaggio, possa essere vista più chiaramente e con maggiore immediatezza se la si guarda a testa in giù. Ci sono stati dei paesaggisti che hanno adottato questa straordinaria e istrionica posizione per osservare un paesaggio a quel modo anche solo per un attimo. Cosicché, questa visione capovolta, tanto più vivida, strana e accattivante, ha una certa analogia con il mondo visto ogni giorno da un mistico come san Francesco. Ma proprio in questo sta la parte significativa della parabola. L'acrobata di Nostra Signora non stava ritto sulla testa allo scopo di avere una visuale più vivida o più singolare di fiori e piante. Non era questo che faceva, e non gli sarebbe mai venuto in mente di farlo. L'acrobata di Nostra Signora stava ritto sulla testa in omaggio a Nostra Signora. Se san Francesco avesse fatto la stessa cosa, che peraltro sarebbe stato capacissimo di fare, l'avrebbe fatta per lo stesso motivo, dettato da un pensiero soprannaturale. Soltanto dopo il suo entusiasmo si sarebbe esteso e avrebbe messo una specie di aureola a tutte le cose terrene. Ecco perché non è corretto rappresentare san Francesco solo come un romantico precursore del Rinascimento e del risveglio dei piaceri naturali per sé presi. Ci dimostra che il segreto per recuperare i piaceri naturali sta nel guardarli alla luce di un piacere soprannaturale. In altri termini, ha ripetuto su di sé quel processo storico descritto nel capitolo introduttivo: la veglia ascetica che finisce con la visione di un mondo naturale rinnovato. Ma nel suo caso personale c'era di più; c'erano gli elementi che rendono ancora più appropriato il confronto con il giullare o l'acrobata.

Gilbert Keith Chesterton, San Francesco d'Assisi.

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