martedì 29 agosto 2023

Frammenti della mia filosofia - 43 - Libertà anche dall'innaturale obbedienza (è la terza volta che lo metto, sottolineo questo ulteriore aspetto...).

Questa è la prima libertà che rivendico: la libertà di restaurare. Reclamo il diritto a proporre come soluzione il vecchio sistema patriarcale di un clan delle Highlands scozzesi, se ciò servisse a eliminare il maggior numero di problemi. Di certo eliminerebbe alcuni mali, come l’innaturale obbedienza a estranei freddi e duri, semplici burocrati e poliziotti.


Gilbert Keith Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo

I clan scozzesi e il lignaggio in Scozia | VisitScotland
E guarda che ignoranza...

sabato 19 agosto 2023

Uno dei miei pittori preferiti, Simone De Magistris, Museo di Arte Sacra di Ripatransone.

Madonna con Bambino e Santi Pietro Apostolo, Giovanni Battista, Rocco e Antonio da Padova.

1579.

Figlio di Giovanni Andrea, nacque a Caldarola (prov. di Macerata) nel 1538. Pittore e stuccatore, la sua attività si svolse per la maggior parte all'interno del territorio marchigiano, per una committenza costituita da piccole confraternite, Ordini monastici e Comunità locali.

Legato alla cultura manieristica, egli ne è uno dei più interessanti rappresentanti marchigiani. La sua pittura risente di suggestioni lottesche: dell'artista veneziano accoglie il senso della luce e del colore facendosene il mediatore fino alle soglie del Seicento.

A quindici anni fu presentato dallo zio, Durante Nobili, a Lorenzo Lotto (Libro delle spese ..., p. 173), ma rimase presso di lui solo otto giorni, probabilmente perché attratto dalle novità romane portate da P. Tibaldi presente nello stesso anno a Loreto. Il primo esordio è accanto al padre a Vestignano nei misteri che circondano la Natività (1553), quindi a Ripatransone nella Madonna e santi (1559) della chiesa di S. Michele. Nel decennio 1560-70 firmò insieme al fratello Giovan Francesco alcune opere in cui si mescolano un generico ecclettismo e l'ascendenza zuccaresca. Caratteri che si riscontrano nell'Assunzione della Pinacoteca civica di Camerino firmata nel 1562, nella Crocefissione (1565) per la chiesa del Gonfalone ad Esanatoglia, nell'Adorazione dei magi del 1566 e nella Lapidazione di sStefano del 1569, ambedue della chiesa di S. Francesco a Matelica, mentre negli affreschi della cappella della Passione, dipinti nello stesso anno nel chiostro della medesima chiesa, momenti di misticismo visionario preannunciano una revisione lottesca. Dal 1560 iniziò a firmare da solo e fino al 1580 si impegnò soprattutto nel recupero di esperienze diverse da Raffaello a Lotto, da Tibaldi e Daniele da Volterra agli Zuccari, dai primi manieristi toscani alle stampe nordiche. Nel 1570 firmò una Natività per la chiesa di S. Agostino a Fabriano, oggi nella Pinacoteca di quella città; nel 1574 per la chiesa di S. Rocco a Ripatransone firmò la Madonna e santi e nello stesso anno per la chiesa di S. Pietro in Castello ad Ascoli Piceno la Madonna con Bambino e santi;nel 1575 per la collegiata di S. Ginesio una Madonna del Rosario e nello stesso anno a Potenza Picena per la chiesa dei cappuccini una Madonna con Bambino e santi, e l'anno dopo, la Deposizione dalla Croce, con la quale consacrò la sua adesione al manierismo controriformato romano (F. Aliberti Gaudioso, in Mostra di opere d'arte restaurate [catal.], Urbino 1966, pp. 30 s.; Id., in Mostra... [cat.], ibid. 1967, pp. 31 s.).

Nel 1577 a Montefortino per la chiesa di S. Francesco firmò una Madonna del Rosario. Incaricato nel 1580 di dipingere gli archi trionfali ad Ascoli Piceno per le accoglienze al cardinal legato Sforza, nel 1580-82 eseguì la decorazione a stucco e ad affresco dell'abside del santuario di Macereto (Macerata); intanto nel 1581 per la chiesa di Aschio a Visso dipinse una Madonna del Rosario. Nel 1583 per la chiesa di S. Oreste a Casavecchia (Camerino) firmò un'altra Madonna del Rosario, e l'anno dopo per la chiesa di S. Giovanni Battista ad Appignano la Discesa dello Spirito Santo (Rossi, 1970, p. 152) e per la chiesa di S. Antonio e S. Caterina a Potenza Picena una Madonna con Bambino e santi. Negli anni seguenti la composizione si formalizzò, assumendo una rigidità iconica in cui vennero riassorbiti i precedenti sia romani sia lotteschi mentre si assiste al recupero di una certa astrazione di ascendenza neogotica. Così nella Madonna con BambinosAndrea e sGiacomo del battistero di Osimo firmata nel 1585, nella Madonna con Bambino e santi del Museo dell'Opera della basilica di S. Nicola a Tolentino e nella Madonna del Rosario (1588) della chiesa di S. Domenico ad Ascoli Piceno, oggi esposta nella Pinacoteca di quella città. In questo periodo si ipotizza un viaggio dei D. a Roma sotto la protezione del card. Evangelista Pallotta di Caldarola, suo mecenate, dal 1589 prefetto della Fabbrica di S. Pietro.

Al 1588 risalgono gli affreschi della chiesa dei Ss. Martino e Giorgio a Vestignano (Assunzione della VergineCrocefissione Cristo risorto e santi), e al 1590 c., per il card. Pallotta, la decorazione a stucchi e affreschi dell'abside della chiesa di S. Martino a Caldarola e la tela con il Transito di sMartino, che lo indicano quale epigono di quella fiammata mistica che aveva visto convergere a Roma il De Vecchi ed El Greco. Per il card. Pallotta più tardi eseguì la decorazione dei palazzo di Caldarola, oggi sede comunale, portata a termine con aiuti (probabilmente i figli Solerzio e Federico), di cui vanno sottolineati lo Stanzino del Paradiso e la scena con il Sogno di Costantino nella prima sala, nonché le due scene raffiguranti la Sosta di papa Clemente VIII a Caldarola durante il suo viaggio a Ferrara (1598); per il medesimo committente dipinse alcune sale del castello Pallotta, sempre a Caldarola.

Al 1590 risale l'Allegoriadei tre Regni per la chiesa di S. Maria della Rocca di Offida (oggi nel Municipio di quella città), firmata insieme al figlio Solerzio, così come la Natività della chiesa di S. Maria della Carità ad Ascoli Piceno, ora nella collezione Zeri a Mentana. A questo stesso periodo appartengono i pannelli d'organo della chiesa di Force (Ascoli Piceno), raffiguranti le Storie della Vergine, eil Ritrattodi poetessa dicollezione privata di Firenze. Nel 1592 firmò una Madonna del Rosario per la chiesa di S. Domenico ad Ascoli Piceno. Il recupero del mondo nordico caratterizza i dipinti degli ultimi anni: la Pietà del 1594 della Pinacoteca di San Ginesio (Macerata), l'Ultima Cena, firmata nel 1598, per la collegiata di San Ginesio e nella stessa chiesa la Crocefissione e l'Andata al Calvario (cfr. Rossi, 1970, pp. 147-151). Fra il 1598 ed il 1607 eseguì gli affreschi dell'abside della chiesa di S. Benedetto a Fabriano con le Storie della vita di sRomualdo. Intanto, nel 1606, ad Ascoli Piceno dipinse una pala d'altare contornata di stucchi, oggi dispersa, per la chiesa di S. Maria della Carità, chiesa dove lavorava ancora agli stucchi nel 1610 (Fabiani, 1959, pp. 251 s., 358). Nel 1607., per la chiesa di S. Francesco a Sarnano, firmò un'Ultima Cena, e l'anno seguente, insieme coi figlio Solerzio, la Madonna e santi oggi nella Galleria nazionale delle Marche di Urbino.

Si fa risalire al 1611 l'anno della morte del pittore, visto che il 6 genn. 1612 la pala con l'Assunta, che si era impegnato a dipingere nel 1610 per S. Maria della Carità ad Ascoli Piceno, venne commissionata al pittore Gianandrea Urbani di Urbino (Fabiani, 1959, pp. 251 s.).

Di suo figlio Solerzio non si conoscono le date di nascita e di morte. Firmò col padre nel 1590 l'Allegoria dei tre Regni del Municipio di Offida (Ascoli Piceno), nello stesso anno la Natività della collezione Zeri di Mentana, nel 1608 la Madonna e santi della Galleria nazionale delle Marche di Urbino; il 16 nov. 1611 firmò una quietanza anche a nome del fratello Federico per lavori fatti nella cappella del Crocefisso nella chiesa di S. Angelo di Ascoli (Fabiani, 1959, p. 357). Nel 1598 collaborò probabilmente alla decorazione delle stanze del palazzo Pallotta e del castello a Caldarola.

[dall'Enciclopedia Treccani, voce a cura di Rosanna Petrangolini Benedetti Panici, Dizionario Biografico degli Italiani, volume 38 (1990)].

https://www.treccani.it/enciclopedia/simone-de-magistris_res-488094b4-87ec-11dc-8e9d-0016357eee51_%28Dizionario-Biografico%29/

Oggi 18 Agosto 2023 sono tornato sul Monte Vettore.

Il panorama visibile a nord ovest
dalla cima del Monte Vettore (2.476 mt)

Panorama dalla Sella delle Ciaule.

Sentiero che discende dalla cima.

Dalla Sella delle Ciaule guardando verso nord
(a destra la cima del Vettore)




Dopo anni e anni sono tornato sul Monte Vettore. La prima volta c'ero stato quarantadue anni fa, poi altre volte, anche d'inverno con la neve.

Una bella scarpinata fino in vetta, con una sosta al Bivacco Zilioli e in cima per mangiare.

Siamo sui Monti Sibillini, la catena montuosa che si estende tra le province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata nelle Marche, e di Perugia in Umbria.

Siamo partiti alle 8.55 (lo so, non è da mattinieri seri, però ciao -- oggi era caldo ma rispetto a San Benedetto si stava benissimo) da Forca di Presta, giornata di sole pieno. La prima parte del cammino (diciamo da Forca di Presta fino a quota più o meno 1.850) ti fa venire in mente la domanda "ma chi me lo ha fatto fare?", poi fai la persona adulta e dici che in cima - come avevi pensato - tutto questo varrà la pena. In effetti l'attacco ha una discreta pendenza che a freddo ti fa andare in iperventilazione in trenta secondi, e così rimani fino a quella quota. Un po' è l'effetto dello scendere dalla macchina e di cominciare a camminare, così, a bomba. Le persone serie dicono che ci vuole preparazione atletica, che io non ho e si sente, però pian piano si arriva. 

Dopo questi primi trecento metri di dislivello le cose migliorano un po': infatti ci sono

Il sentiero che sale, visto dal Bivacco Zilioli.

Il sentiero che sale verso Cima del Lago
dalla Sella delle Ciaule.

Il panorama a nord ovest da circa 1.800 mt.

tratti meno ripidi che culminano a quota 2.050 circa dove c'è una specie di spiazzo da cui si può ammirare sia il panorama delle Piane di Castelluccio (che in realtà si scorge immediatamente dall'inizio della camminata: da lì si vede anche il sentiero che porta a Forca Canapine, le montagne verso Norcia e Spoleto... colpisce molto perché la rapidità della salita fa vedere subito quanto sia lontano il fondo ove giacciono le Piane; queste ultime sono sempre bellissime, soprattutto col verde e il massimo è con la fioritura di fine giugno - primi di luglio) che quello verso sud, e cioè verso i Monti della Laga (Monte Comunitore, Pizzo di Sevo e altro ancora, nonché i Monti Gemelli, oggi non ben visibili a causa di nuvole a spasso sopra la cima del Vettore). Quello è il Vettoretto, morbida cima che guarda a sud.

Da lì in poi il sentiero piega verso sinistra, cioè nord, e aggira il Vettoretto. In una recente targa hanno messo delle fotografie ben illustrate della faglia che si è creata tra quel punto e lo Scoglio dell'Aquila (versante ovest, quello che dà verso le Piane di Castelluccio) a causa del terremoto del 2016 verso quelle quote. Il positivo è che la targa non fa considerazioni catastrofistiche ed ansiogene e si limita a dire come e dove stanno le cose. Poi di lì a poco il sentiero torna bello ripido e si trasforma in uno stretto ghiaione per culminare al Bivacco Zilioli, di recente ricostruito ex novo (c'è una zona per l'emergenza aperta a tutti e un'altra che si può prenotare, chiusa debitamente e giustamente a chiave), che si trova sulla Sella delle Ciàule (nome un po' desueto ma dal suono bello e poetico per indicare una razza di corvi di piccole dimensioni che abbiamo pure visto al ritorno). Lì si stava molto bene, c'era il sole, tante belle cose da vedere e siamo tornati belli neri a casa. Erano le 10.55, dunque due ore da persone normali, i corridori li lasciamo fare, non mettiamo nemmeno la cianghetta. Siamo stati superati da tanti giovani, hikers armati fino ai denti, gente normale più allenata di noi (eppure venivamo da una settimana di camminate nell'area della Marmolada... vabbè, su, dai...). Bel panorama a sud e a nord; da lì si vedono la Cima del Lago, la Cima del Redentore e il Pizzo del Diavolo, Monte Torrone, Monte Argentella, le balze che conducono alle Roccette e da lì al Lago (o Laghi, vedete voi, fate tutto il possibile se vi riesce per non parlare di cambiamenti climatici, il lago ha sempre avuto alti e bassi da che campo, la prima volta lo vidi più o meno quarantadue anni fa...), e più in lontananza la Sibilla.

Il gruppo del Vettore visto dalla sua cima
(visibili Cima del Lago, Cima del Redentore,
Pizzo del Diavolo, Monte Torrone, Monte Argentella)

I Monti della Laga dal Vettoretto.

Il Bivacco Zilioli, in stile minimal,
funzionale e accogliente.

Dopo una sosta di circa un'ora, reidratati, rifocillati e "ribbeviti" riprendiamo il cammino e, dopo un breve tratto di falso piano, si ritrova una bella salita ripida e sassosa e dopo una quarantina di minuti si conquista la vetta, dove c'è il cippo geodetico (un po' un casino, ferri, la croce tenuta "in piedi" da alcuni sassi, potrebbe essere messa meglio l'area), a 2.476 metri. Mangiamo, osserviamo con stupore e compiaciuti: sporgendosi verso ovest si intravede il lembo del Lago di Pilato che giace sotto Cima del Lago. Peccato che una nuvolona gigantesca si pari tra noi e il mare. Per il resto il tempo è bello e possiamo dire che ne sia valsa la pena, di cuore.

Scendiamo alle 13.25 senza più fermarci, salvo una sosta di pochissimi minuti al Vettoretto, ed arriviamo alle 14.55. Ottimo lavoro, ripartiamo verso casa. Grazie, Gesù, di tutto quello che ci fai vedere e saggiare con grande stupore.

mercoledì 16 agosto 2023

È lui…! Il mio animale preferito...

rinocerónte s. m. [dal lat. rhinocĕros -otis, e questo dal gr. ῥινόκερως, comp. di ῥινο- «rino-» e κέρας «corno»; propr. «che ha un corno sul naso» (...) Nome dato a tutti i rappresentanti della famiglia rinocerotidi: sono animali di forme tozze e pesanti che possono raggiungere 2 m d’altezza e 4 di lunghezza, con coda corta, testa allungata, labbra grandi e prensili, uno o due corni impiantati nella regione nasale, costituiti da cute indurita mista a peli fusi tra loro; hanno scarse capacità visive, udito e olfatto acuti, si nutrono di erbe e foglie e sono legati agli ambienti ricchi d’acqua. (...). I rinoceronti trottano e galoppano rapidamente, sono buoni nuotatori. Si nutrono di erbe, foglie, rami e radici. Animali facilmente eccitabili... la strategia di difesa che adottano questi animali non è la fuga, che potrebbero efficacemente attuare grazie alle doti di velocità e agilità, bensì la carica frontale contro l'aggressore... Tra l'altro il rinoceronte ha grandi doti di resistenza nel galoppo...